Archivio per la categoria ‘abolizione della carne’

sea shepherd logoHo appena ascoltato Captain Paul Watson di Sea Shepherd in una intervista su Watching the Hawks, programma di attualità in lingua inglese su Russia Today TV e ho constatato che:
1) Egli NON è mosso dalla compassione per i cetacei massacrati così selvaggiamente durante il “festival” Grind nelle isole Faeroe ( Danimarca ) in quanto esseri senzienti dotati di capacità di comprendere ciò che accade loro e di soffrire, piuttosto per via del fatto che quelle creature marine ” non appartengono ai loro carnefici ” questo connota il personaggio in questione quale è: un ” conservazionista “, vale a dire un uomo che crede nella bugia del dominio antropocentrico secondo la quale la Natura va difesa dagli eccessi della civiltà umana così possiamo continuare a sfruttarla e ad abusarne.
2) Egli NON obietta ai macelli, agli allevamenti intensivi e ai processi industriali dello sfruttamento degli altri animali tanto quanto obietta all’uccisione dei cetacei per via del fatto che ” negli oceani ci sono soltanto 128,000 esemplari estimati di cetacei pilot ( il tipo che viene spinto a riva e ucciso dagli isolani ogni anno ) contro i miliardi di polli, pecore, mucche e maiali che invece “popolano” la terra ferma “. In altre parole, le stragi vanno bene quando sono “sostenibili”
3) Egli NON abbraccia la filosofia Vegan evidentemente o lo fa per motivi che possiamo considerare “indiretti”, infatti afferma che ” la carne di cetaceo fa male per via del mercurio che contiene e che gli adulti che costringono i loro figli non solo a prendere parte alla mattanza stagionale di queste creature ma anche a consumare le loro vittime mangiandosele andrebbero denunciate per ” abuso sui minori”.

Un repertorio di vedute davvero deprimente considerato lo status di EROE accordato al signor Watson in tutto il mondo da attivisti e simpatizzanti per la liberazione degli animali e dai  media simpatetici con la causa di Sea Shepherd, organizzazione la quale ( come risulta da questo articolo  ) sembra finanziata, oltre che da sinceri donatori minori, da lotterie nazionali, da miliardari entrepeneurs e da personaggi dello spettacolo dai dubbi curricula politici.

In totale, sembra che gli introiti di Sea Shepherd sommati a quelli di altre organizzazioni minori che si oppongono all’uccisione dei cetacei ammontino a quasi 30 milioni di dollari all’anno.
Verrebbe da chiedersi : ma con questa montagna di quattrini e di supporto quali sono i risultati? Qualche balena morta in meno?
Che nel mondo, grazie a Watson tutti sanno cosa accade in quelle sperdute isole danesi dove il mare per qualche ora dal 24 di Luglio si tinge di rosso e dove si può testimoniare, da una distanza, la follia omicida di un migliaio di fanatici armati di lance, asce e coltelli che seviziano e uccidono dei pesci indifesi?
30 milioni di dollari.
Vicino a Grosseto c’e’ un posto che si chiama Madonnino, li opera una macello industriale in grado di ammazzare 12,000 vitelli all’anno e dall’aprile scorso ha cominciato a farlo. verso il macello del madonnino
A parte qualche isolato attivista nessuno se ne cura granchè di quelle vite la, nessuno investe un centesimo per opporsi a quel tipo di impresa, i grossetani magari neanche lo sanno e comunque alla maggioranza di loro, inclusi gli “animalisti”,  non potrebbe interessarsi di meno delle brutture dei macelli, delle ferite in termini culturali e antropologici inferte da tale cieca, seriale e istituzionalizzata violenza sulla coscienza collettiva della comunità locale, nessuno presta attenzione alle urla strazianti di quelle vittime nel tunnel della morte, con la puzza del sangue dei loro compagni appena sgozzati, delle urla di scherno e delle botte dei loro aguzzini umani, gli “operatori” dell’impianto.
Come quello del Madonnino, in provincia di Grosseto ci sono almeno altri 4 impianti che continuano ad uccidere, nel normalizzato e totale menefreghismo, animali fatti nascere dagli allevatori appositamente per venire macellati e divorati da orchi/consumatori senza una morale etica che li guidi nel momento in cui  il languorino allo stomaco si fa sentire.
L’intelletuale e filosofo canadese, teorico della comunicazione Herbert Marshall McLuhan sosteneva che “…the medium is the message…”, come dire, la presentazione spettacolare che si rende, a livello di grandi sistemi di comunicazione, ad un evento ne svuota alterandone automaticamente la percezione dei contenuti.
CONCLUSIONI : Il vero attivismo che si ispira alla reale liberazione dalla schiavitù , non è affatto spettacolare, procura guai e tedio senza fine a chi lo pratica, non attira donazioni miliardarie, ma sopratutto NON fa granchè notizia nello scenario globalizzato della comunicazione odierno.
PTT

https://www.facebook.com/269calf/videos/870073799753993/

Respect Life – Abolish bullfighting forever // Rispettiamo la vita – Aboliamo la Corrida, per sempre.


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Share if you agree animals deserve to be free from exploitation! // Condividi se credi che gli altri animali dovrebbero poter vivere immuni dallo sfruttamento umano! Respect Life is a campaign that will take place over the next months, culminating in an event on the 26 September 2015. // Respect Life è una Campagna che si svolgerà nei prossimi mesi con, al suo culmine, l’evento del 26 Settembre 2015 in Spagna. The purpose of this event/campaign is to promote the ethos of the 269 movement – which is to bring animal liberation to the forefront of human consciousness and commit to do our part in bringing an end to the animal holocaust. We also wish to raise awareness about veganism, and all its benefits // L’obiettivo di questo evento è la promozione del pensiero che origina il movimento 269, quello di creare una nuova coscienza fondata sul rispetto incondizionato della alterità animale. Desideriamo inoltre promuovere una consapevolezza critica al sistema del Carnismo attraverso lo strumento  del veganismo etico e dell’apertura mentale ai benefici globali che l’adozione di questa pratica quotidiana deriva a tutti i terrestri.
L’evento puo’ costituirsi nelle forma e con le modalità che si desiderano.
Rappresentiamo tutti gli animali non umani resi schiavi, ci opponiamo alle industrie che fondano  la loro prassi e missione operativa su tale attività. For inspiration and ideas, please feel free to watch our past events // per ispirazione e idee su come realizzare un evento, ecco alcune scene estratte da eventi  trascorsi: http://www.youtube.com/user/269lifecom https://youtu.be/xaA7L4kAJDA
https://youtu.be/JZUb3tg-M_I Participating countries: http://goo.gl/arW4SR  // dettagli sui Paesi partecipanti

Annually, more than 150 billion animals are murdered worldwide due to people’s selfishness, ignorance and greed // Ogni anno più di 150 miliardi di animali vengono uccisi a causa dell’egoismo umano, dell’ignoranza e del motivo economico.

This madness must stop and will stop the day humankind finally wakes up and understands that even the nameless feel pain and desire freedom no less than us humans // Questa follia deve terminare e ciò accadrà solo quando la comunità umana comprenderà che anche COLORO che non hanno un nome posseggono la capacità di soffrire, di desiderare la libertà in nessuna misura differente da noi.

269life

Who is “269?” // Chi è 269

https://associazionedideeonlus.wordpress.com/?s=269

“If there is no struggle, there is no progress. Those who profess to favor freedom, and yet deprecate agitation, are people who want rain without thunder and lightning. Power concedes nothing without a demand. It never did and it never will.” -Frederick Douglass, slavery abolitionist, 1818-1895

 “Senza lotta non si verificherà progresso. Coloro i quali si professano fautori della libertà deprecando gli atti di agitazione sono come quelli che desiderano il lampo senza il tuono….” “…Il potere così come lo conosciamo non concede niente senza che gli venga chiesto e mai lo farà…”
Frederick Douglass, abolizionista della schiavitù, 1818-1895
 

Con una perentoria comunicazione a firma del presidente della società Ma.Mar ( Mattazione Maremmana SRL ) apparsa sul portale della Confagricoltura il 13 Aprile scorso si annuncia l’inizio attività del Mattatoio del Madonnino ( Braccagni, Grosseto ) con in calce il listino prezzi.

young victimPer la cifra di 120,00 euro al Madonnino si ammazzano bovini di 12 mesi di età, si “restituisce il quinto quarto alimentare della carcassa composta dall’intera frattaglia” , alcuni organi interni, ” la coda , la lingua, le guanciole” e persino “la trippa pulita”.

I vantaggi per gli allevatori che si avvarranno di questo moderno servizio – si legge nel documento della Confagricoltura –  includono ” lo stoccaggio in cella frigorifera per un periodo di 7 giorni” però attenzione : ” dall’ottavo giorno dalla macellazione in poi si applicherà un costo aggiuntivo di 5,00 euro.

Nella suddetta circolare si informa della disponibilità di un tariffario a parte pertinente “l’attivazione del reparto disosso” e confezionamento. Sarà inoltre a disposizione a breve un laboratorio di sezionamento dei cadaveri che risponderà a tutte le esigenze dei clienti che sapranno avvalersene. Occasioni da non perdere per chi intende uccidere hi-tech e a norma di legge, occasioni per produrre e commercializzare un “prodotto di qualità”.

Proprio ciò che serviva per dare impeto all’economia locale e per lo sviluppo di nuove opportunità lavorative per i giovani, ma non  tutti potranno beneficiarne. Nel costrutto di questi signori occorre che i partecipanti considerino gli altri animali come merce,  non si deve mostrare un minimo di sensibilità in relazione alla loro sofferenza e, criterio di selezione principale, si deve avere cieca fede  nel sistema antropocentrico che prevede tale impresa commerciale, quella dell’esercizio della schiavitù, come un opera non solo legittima e onorevole, ma come una normale prassi atta, tra le altre questioni più pratiche, a soddisfare l’idea di homo sapiens, nella sua declinazione homo economicus, di continuare indefinitivamente a sedere al centro del mondo vivente e di  atteggiarsi a figura divina in Terra programmando nascite attraverso la sistematica pratica dello stupro industriale delle altre specie, attuando azioni seriali di sottrazione dei piccoli alle madri e al confinamento brutale di queste povere anime in delle lerce stalle per poi finire su di un camion verso i moderni campi di sterminio come quello sito nella zona industriale del Madonnino

“Prodotto di qualità” del mattatoio in un dettaglio di raccapricciante vividezza.

Questo si che è progresso antropologico e consolidamento culturale contro un nemico comune, la natura o meglio la nostra appartenenza ad essa e la nostra animalità negata dagli imperativi discriminatori di specie.

La comune tagliata di manzo non è cibo, è violenza.

I pezzi di cadavere che giacciono nelle  celle frigorifere non rappresentano nutrimento, ma odio, paura e umiliazione.

La putredine che avviene dal primo minuto dall’avere ingurgitato quella violenza, quell’odio, quel terrore offuscherà la  mente, ne contaminerà in maniera insopportabile i tessuti e  l’etica umana degli individui che avranno divorato questo “cibo” – ne rimarrà corrotta al punto da rendere essi stessi degli schiavi, appesi al gancio e alla mercè di un sistema che promuove crudeltà e sofferenza finalizzando i processi produttivi in vantaggio contabile.

La realizzazione del “campo” del Madonnino è stato possibile grazie ai generosi contributi a fondo perduto ( Fondo per lo Sviluppo Rurale della Regione Toscana ) e allo sforzo di un consorzio di imprese locali.

Nel balletto degli inchini e dei rituali che si sono svolti prima dell’elezione dell’attuale sindaco di Roccastrada, Francesco Limatola – comune sul territorio del quale sorge il mattatoio – apparso in alcuni organi di propaganda locale abbiamo potuto leggere le seguenti dichiarazioni:

“… è un onore   sottolinea – l’attuale sindaco di Roccastrada – Limatola – avere come presidente – del comitato elettorale a suo sostegno – Christian Heinzmann – presidente della Mattazione Maremmana –  una persona di grandi capacità e solide competenze che ben rappresenta la forza e le energie positive di questo territorio, una persona che ha reso più ricca la nostra comunità con il suo lavoro e l’amore dimostrato per questa terra,  che non era la sua, ma lo è diventata presto”.
“Sono convinto – dichiara Christian Heinzmann restituendo con benemerenza la cortese considerazione dell’amico politico – che Francesco Limatola possa fare un buon lavoro per il territorio, anche in considerazione del suo impegno con la precedente amministrazione comunale, per far nascere il mattatoio. Inoltre, ritengo validissimo il suo progetto sul polo logistico. E’ davvero importante la sinergia e la collaborazione tra imprenditoria e politica, per uno sviluppo equilibrato del territorio.”

I consumatori possono stare tranquilli e sicuri, trovandosi nelle mani anche se non proprio pulite – del sangue e delle frattaglie dei 1200 schiavi ( i bovini )  “trattati” in quell’impianto di mattazione ogni anno a partire dal 13 di Aprile 2015, – di costoro, di questi moderni eroi dell’agricoltura locali i quali, attraverso una dubbia industriosità, garantiranno  la salubre,  morale  espansione economica delle nostre comunità:  un orrendo concerto di urla di terrore delle vittime finite a pezzi nelle celle frigorifere, un rinnovato, mostruosamente calloso sentimento di indifferenza dei loro carnefici verso tale supplizio,

Per approfondire sul ruolo dei mattatoi e della cultura mortifera che tali progetti emanano sulla nostra coscienza collettiva riferirsi ad un nostro precedente articolo sull’architettura della sopraffazione.

libertà per tutti gli schiavi

In queste ore, in molte parti del mondo, si celebra il settantesimo anniversario della sconfitta del terzo reich, della disfatta della Germania di A.Hitler e dello smantellamento dei campi di sterminio, strutture  verso le quali venivano avviati ebrei, comunisti, Rom e omosessuali, per menzionare soltanto alcune delle “categorie” umane che in misura maggiore hanno sofferto l’oppressione totalitaria di quel regime.

Per molti di noi l’olocausto continua a realizzarsi ogni giorno dietro le mura dei mattatoi, all’interno degli allevamenti, in tutti i luoghi di segregazione e di annientamento di miliardi di altri animali il quale destino è segnato da un motivo di profitto che lo sfruttamento dei loro corpi genera e garantisce, dal ragionamento economico umano e dalle abitudini alimentari di una moltitudine insensibile al loro tremendo carico di angosciosa sofferenza .

Nel settantesimo anniversario della sconfitta del nazismo di stato il nostro pensiero e la nostra azione va a queste vittime seriali, anonime, singolarità che l’attuale Sistema ( inteso come quell’insieme di norme, costumi, credenze, strutture e prassi ) non considera neanche quali individui senzienti, Sistema che li consegna nelle mani dei boia macellai, ai libri contabili corrotti di chi ne commercializzerà le membra, ai palati viziati di chi ne consumerà le carni alla stregua di oggetti inanimati.

Per loro il nazismo, in quanto ideologia votata alla discriminazione e alla sopraffazione del forte sul debole, non è mai finito.

Divenire VEGAN OGGI come primo passaggio verso una consapevolezza maggiore dei rapporti causa/effetto, una coscienza collettiva nuova fondata su sentimenti quali l’altruismo, l’amore, il rispetto e la compassione.

Vegan significa OGGI contribuire in maniera concreta  a fermare la strage e a dare alla attuale fase della civiltà umana la possibilità di un cambiamento evolutivo reale, sentito, autenticamente vissuto.

La scelta Vegan come atto essenziale alla realizzazione di un cambiamento culturale che ci permetta di uscire da questa insano e criminale ciclo di violenza generalizzata e istituzionalizzata, da questo coacervo di attività votate allo sterminio sistematico delle popolazioni non umane e al degrado morale della nostra specie.

PTT

per loro non è mai finito

Come possiamo dirci “ambientalisti” o “ecologisti” senza avere maturata, o mantenere una mentalità sufficentemente aperta per cominciare a farlo, una consapevolezza in relazione al tipo di impatto che le nostre scelte alimentari quotidiane esercitano sugli altri e sull’ambiente?

Interi settori della popolazione mondiale  si dichiarano  a favore di politiche di tutela e di salvaguardia della Natura senza porsi criticamente la questione del proprio diretto contributo alla depredazione delle risorse del pianeta e alla distruzione degli ecosistemi.

Ogni giorno abbiamo la necessità di nutrirci. Per fare questo ci affidiamo con leggerezza al supermercato o ad altre grandi catene di distribuzione alimentare le quali a loro volta, motivate da imperativi economici, acquisiscono i loro prodotti da imprese, che sia locali che multinazionali, le quali ingaggiano in maniera diretta ad una vera e propria guerra al mondo vivente.

Ci permettiamo di banalizzare la questione dell’impatto che un certo “vivere moderno” opera sul mondo vivente presentando in sette punti come, rimuovendo la carne dai nostri piatti, sia possibile mettere in atto un comportamento non soltanto compassionevole e votato al rispetto degli altri animali, ma di cruciale entità anche nella lotta contro la graduale devastazione del territorio i quali effetti sono sotto gli occhi di tutti.

1_ Non contribuire all’inquinamento delle falde acquifere e dei corsi d’acqua.

corsi d'acquaA causa di fattori tutti riconducibili all’economicità delle loro attività gli allevatori costringono il maggior numero di animali nel minore spazio possibile, che si tratti di allevamenti intensivi o di piccole imprese locali questi ultimi produrranno un forte impatto sul territorio per via delle loro deiezioni.Soltanto una frazione delle deiezioni prodotte verranno assorbite dal terreno senza procurare gravi danni a fiumi, falde, torrenti e a tutti gli altri corsi e depositi di acqua pulita essenziali per la vita e per la salute di tutti.

2_ Fermare la distruzione degli habitat naturali

specie a rischioLa riduzione drastica nel consumo di alimenti carnei e derivati contribuisce al mantenimento della diversità biologica arrestando il trend in atto, registrato negli ultimi anni, di estinzione in massa di specie animali.
Secondo il Center for Biological Diversity  la produzione di animali da mandare al macello è la causa principale, in termini di impatto ambientale, del declino nella qualità dell’aria, dell’acqua e degli spazi naturali disponibili agli animali selvatici per vivere indisturbati dalla civiltà umana.

Dal 1980 al 2010 la produzione di carne è triplicata a fronte di una popolazione mondiale di oltre sette miliardi di individui, da ora al 2050 è previsto un ulteriore 50% in più nella domanda a meno che non si riesca ad arrestare e ad invertire l’attuale trend relativo ai “bisogni indotti” nella popolazione da parte dell’industria agro alimentare la quale realizza profitti enormi in questa equazione mortale.

La sovra popolazione del pianeta e la sete di dividendi delle industrie umane sono le cause primarie delle scelte non sostenibili operate dai governi mondiali, scelte erratiche che stanno conducendo alla catastrofe attraverso un processo di spoliazione delle risorse inesorabile nella sua drammaticità

3_ Ridurre il consumo di acqua
eccessivo consumo di acquaNei paesi a capitalismo avanzato oltre il 50% delle risorse idriche vengono impiegate nei processi di produzione di alimenti carnei.

In pratica occorrono fino a 20.000 litri di acqua ( l’equivalente di 2 mesi di consumo medio di acqua in docce ) per un chilo di carne.

Per la produzione di un chilo di frumento ci vogliono tra i 500 e i 4000 litri.  http://www.theguardian.com/news/datablog/2013/jan/10/how-much-water-food-production-waste

4_ Prevenire la deforestazione

foreste pluvialiSecondo dati contenuti nella working paper n.22 della World Bank il volume attuale di carne immessa sul mercato alimentare globale è il principale responsabile della distruzione delle foreste pluviali operata dalle multinazionali e dagli altri operatori del settore per fare spazio agli allevamenti intensivi ( aree di pascolo e da adibire agli impianti di lavorazione ).

5_ Salvare gli oceani

oceaniPer quanto ci riguarda qualsiasi tipo di pesca rappresenta un grave abuso nei confronti delle creature marine e dell’ambiente che le ospita.

Secondo uno studio compiuto nel 2010 il 90% delle specie più grandi di pesci presenti al mondo sarebbero scomparse dai mari .

Le tecniche industriali di pesca oggi sono comparabili a delle vere e proprie azioni militari costituite dall’inseguimento guidato da radar e satelliti dei grossi banchi di pesci e dal rastrellamento selvaggio dei fondali che intrappolano e soffocano, uccidendole indistintamente, tutte le specie che abitano gli oceani. In alte parole, come l’impronta umana avanza sui territori sommersi del pianeta tutto l’ecosistema che ne sostiene la vita  subisce il mortale impatto senza avere alcuna possibilità di ripresa.

6_ Proteggere la Natura e le bio diversità

i lupi e le altre specie a rischio di estinzioneDecine di migliaia di animali selvatici predatori come le volpi, gli orsi, i lupi e le linci
vengono uccisi o cacciati dai loro territori in quanto rappresenterebbero un fattore di rischio per l’industria alimentare carnea, stessa cosa accade a diverse specie di ungulati  i quali, a dire degli impresari che producono cibo per conto degli allevatori, interferirebbero, per via della loro presenza, con le politiche e con le prassi di assegnazione di intere aree a progetti imprenditoriali legati all’industria suddetta.

7_ Combattere i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici derivati dall’attività economica umana sono oggi la minaccia più temibile alla nostra stessa esistenza.

Riducendo drasticamente il consumo di carne e derivati con la prospettiva di un cambiamento radicale delle nostre abitudini alimentari ogni uno di noi può contribuire in maniera significativa alla riduzione del quoziente di emissioni di metano e di ossido di azoto nell’atmosfera

cambiamenti climaticiPiù alto il consumo di prodotti carnei più drammatica la quantità degli agenti atmosferici che determinano il fenomeno noto come effetto serra .

Passare da una dieta carnea ad una basata sui prodotti della terra non solo equivale ad un atto di amore e di considerazione nei confronti degli altri animali che subiscono per mano dell’uomo le peggiori umiliazioni e violenze, ma ad una scelta concreta per contrastare la razzia delle risorse naturali e lo scempio operato dalla civiltà umana all’ambiente che ci accoglie.
Per fare una simile scelta non occorrono doti particolari, ma la semplice volontà di incidere positivamente nella vita degli altri e nella propria.

Adottare una filosofia di vita Vegan oggi significa divenire il cambiamento che ci auguriamo vedere realizzato e per farlo non è mai stato più semplice in considerazione delle decine di ottime risorse on line per un primo orientamento personale sia per quanto riguarda la nostra alimentazione che per tutti gli altri aspetti pertinenti tale filosofia ( cosa vestire, come intrattenersi, come vivere in maniera sostenibile e non violenta ).

vai VEGANPer  informazioni sulla scelta Vegan navigare qui e qui.

Grazie a Mercy For Animals per l’ispirazione e per alcuni dei contenuti esposti.

La compagnia americana Monsanto, nota per avere prodotto il primo raccolto geneticamente modificato ha recentemente ammesso, per voce di uno dei suoi esecutivi più autorevoli, in un articolo apparso sul quotidiano inglese The Independent, che l’attuale fase di stallo nel processo di penetrazione dei mercati della loro tecnologia sarebbe dovuto ad un loro ingenuo eccesso di fiducia nella bontà di tale tecnologia.

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Hugh Grant sostiene che la Monsanto avrebbe dovuto pagare maggiore attenzione alla preoccupazione dei potenziali clienti in rispetto alla salubrità dei prodotti alimentari ottenuti attraverso la modifica dei geni di piante e semi promossa dalla multinazionale da quando questa particolare tecnica è stata introdotta prima negli USA 20 anni fa poi globalmente in tempi più recenti.

In particolare il dirigente della Monsanto ritiene che la compagnia abbia commesso un grave errore non riformulando il marchio OGM dopo che questo ha subito attacchi e demonizzazione sui media di mezzo mondo a seguito del fallimento nella commercializzazione dei suoi prodotti in gran parte dei mercati europei.

“A meno che l’attitudine pubblica nei confronti dei prodotti geneticamente modificati non cambi in tempi brevi – continua il signor Grant – non saremo in grado di sfamare una popolazione umana in costante crescita” – e conclude affermando che – “non c’e’ mai stata molta fiducia da parte dei consumatori nei prodotti alimentari originati dalle grandi multinazionali, in particolare, di quelle americane, mentre invece nei paesi in via di sviluppo ci sarebbe proprio bisogno di un rinnovamento su questo versante”.

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Hugh Grant si cala innocentemente nel mezzo al dibattito sui metodi e sugli esiti della tecnologia promossa dalla Monsanto asserendo che forse avrebbero dovuto posizionarsi maggiormente dalla parte di chi, al supermercato, continua ad esercitare una qualche scelta relativa all’acquisto o meno di cibo ottenuto con la controversa tecnica e considerare l’ipotesi che questi ultimi NON desiderano nutrirsi con alimenti largamente ritenuti innaturali e dannosi alla salute.
Secondo questo gentiluomo, nelle comunità dei produttori agricoli deve ancora essere fatto molto per spiegare ai consumatori da dove viene il cibo che acquistano e quanto reale sia la necessità di continuare a produrne sempre in maggiori quantità per soddisfare tutti.
Per fare questo occorre continuare a lavorare proprio come la Monsanto avrebbe fatto finora, attenendosi cioè ai dati scientifici forniti dai programmi di ricerca accreditati e alle regole imposte ai grandi produttori dai governi centrali.

L’atto di ingaggiare in un confronto sulla questione con le popolazioni a rischio di vedersi imposte determinate tecniche di produzione del cibo appare come un esercizio “astratto” al dirigente della multinazionale, il quale insiste che “ di compagnie come la nostra non potremo fare a meno se intendiamo combattere la fame nel mondo “.
Secondo alcune proiezioni attendibili basate sui livelli di crescita nella produzione di cibo da parte dell’agricoltura industriale negli ultimi 15 anni, circa il 70% di questo proviene dalla conversione a terreno agricolo di porzioni di territorio fino ad allora destinato ad un uso differente.

Nei prossimi 30/40 anni la popolazione umana mondiale passerà dagli attuali sei a nove miliardi di individui. Questi dati inequivocabilmente suggeriscono l’ipotesi che il mondo ( dice la Monsanto ) non potrà farcela senza le biotecnologie e senza la ……..Monsanto

La speranza in un possibile cambio di rotta, si augurano alla Monsanto, risiede nella possibilità che si riesca a trovare un consenso tra gli ambientalisti che si oppongono al cibo geneticamente modificato e le grandi imprese che hanno i mezzi per produrne in quantità sufficienti.

“Fate un passo indietro e mettete a fuoco la situazione senza ridicoli pregiudizi e punti presi, pensate ai vostri figli e ai vostri nipoti, come riusciranno a farcela senza di noi?
Come sarà il mondo senza biotecnologie applicate alla produzione alimentare?”si chiede Hugh Grant rivolgendosi alla platea di attivisti europei, augurandosi che le lobbies da essi formate, le quali per anni si sono opposte aspramente all’impiego e alla commercializzazione dei prodotti marchiati Monsanto per massimizzare i raccolti, riescano a fornire una alternativa valida alla soddisfazione del crescente fabbisogno alimentare del pianeta.

2186415_origDa una prospettiva altra e, come dire, antisistema, dalla prospettiva di chi crede nell’affermazione di un economia reale basata sulla sussistenza piuttosto che sull’accumulazione , noi diciamo che l’alternativa alla devastazione dell’ambiente e della salute di chi ci vive è una e semplice: scegliere Vegan.

Rinunciare cioè ad allevamenti intensivi i quali comportano deforestazione, abuso delle risorse idriche e sofferenza indicibile per miliardi di individui senzienti non umani.

Scegliere Vegan per destinare al 100% le ricchezze nutritive della terra al consumo umano piuttosto che alla produzione di cibo per gli altri animali ridotti in schiavitù dagli allevatori. Nati per loro volere, nati per soffrire.

Scegliere Vegan per rendere questo mondo un posto migliore per tutti, umani e non umani,  dove nessuno di loro si ritira per la notte  con la pancia vuota o con lo stomaco troppo pieno, un mondo dove sentimenti come la solidarietà intra e inter specifica sono condivisi e tramandati di generazione in generazione, un mondo dove la compassione e il senso di giustizia trionfa sull’indifferenza e sull’ingordigia, valori tipici dell’attuale modello capitalistico.

La rivoluzione vera comincia dalla forchetta e continua nel quartiere, per le strade e nelle scuole. Il cambiamento evolutivo e definitivo in termini antropologici è possibile.

Non vogliamo nè la Monsanto né le atre grandi corporazioni globali nei supermercati né altrove, infatti non vogliamo i supermercati, simbolo di un consumismo scellerato che ci distanzia sempre più dalla possibilità di non divenire noi stessi merce da manipolare e da piazzare, al ribasso, al migliore offerente.

Uno dei luoghi della civiltà umana maggiormente tenuto a distanza dagli sguardi, probabilmente il luogo maggiormente rimosso dall’immaginario individuale e collettivo è quello del mattatoio.

La struttura adibita a questo tipo di attività che è stata costruita all’interno del Polo Industriale del Madonnino, a Braccagni, in provincia di Grosseto non è una eccezione a questa regola.

Questo moderno campo di sterminio è stato realizzato su iniziativa di un Consorzio di aziende locali le quali hanno beneficiato di un contributo regionale a fondo perduto di un milione e seicento ottantamila euro a fronte di una spesa di due milioni e ottocentomila euro complessivi.

Per la Regione Toscana che ha finanziato in larga parte questa impresa, l’atto di assegnare tutti quei soldi pubblici alla MaMar, una azienda specializzata nell’uccisione di animali cosi detti da reddito e titolare del progetto, costituisce un “importante passo” verso una “migliore valorizzazione degli assetti locali dell’economia rurale” di questo territorio.

Nei media locali si è parlato di sviluppo, di occupazione e persino di rilancio di un’area industriale disastrata e desertica, quella appunto dove sorge il mattatoio.

Per gli attori privati coinvolti in questa impresa le aspettative sono quelle relative alla moltiplicazione degli allevamenti in zona così da potenziare la capacità attuale di produzione e di offerta di alimenti carnei ai consumatori locali che lo richiedono.

L’industria della carne è in crisi e questo tipo di operazioni servono anche a scongiurare un ulteriore declino nella domanda. Sappiamo che gli impianti di mattazione esistenti intorno e internamente alla provincia di Grosseto non operano a pieno regime, non c’era davvero necessità di costruirne un altro, le finalità, come abbiamo detto infatti sono diverse.
Ma a noi interessa porre l’accento sugli aspetti etici di un simile progetto, nell’anonimo luogo che vediamo nelle immagini, un mattatoio che sicuramente disporrà di impianti e dispositivi di contenzione, detenzione, uccisione e smembramento dell’ultima generazione, all’interno di questo lugubre luogo, una volta divenuto operativo, si ammazzeranno almeno 12,000 animali all’anno, singolarità che avranno condotto la loro non-vita segregati in qualche stalla o gabbia o allevamento di tipo industriale, totalmente nelle mani dei loro padroni umani i quali avranno stabilito dalla disgraziata nascita di queste creature alla loro fine violenta e sanguinosa ogni singolo aspetto delle loro esistenze, in effetti esseri senzienti trattati come merce, come oggetti da accumulare e da consumare.

Questi animali verranno trasportati qui, al mattino presto o di notte, per non turbare le coscienze di coloro i quali poi ne acquisteranno i corpi, fatti a pezzi e ben ripuliti, resi accettabili alla vista, confezionati dai macellai o nei supermercati.

Nessuna connessione tra il sistema di moderna schiavitù ( gli allevamenti ) i luoghi dove si commette il genocidio quotidiano ( i mattatoi ) e la tavola dove chi consuma questo tipo di alimenti si siede ogni giorno deve essere fatta, nessuna connessione, il vecchio adagio che recita “occhio non vede, cuore non duole” non è stato mai così vero come in tali circostanze.

Di fatto il sistema di allevamento e di sfruttamento degli animali se osservato da qualunque prospettiva, da qualsiasi occhio capace di rappresentarlo criticamente è un sistema di una crudeltà inaudita, un apparato connotato dalla violenza metodica del forte sul debole in ogni sua fase, un sistema di potere che fa presa assoluta sulle proprie vittime che noi chiamiamo DOMINIO.
Il dominio umano si afferma sugli altri animali in differenti forme e con diverse modalità, basta pensare all’industria dell’intrattenimento, alla sperimentazione bio medica, allo sfruttamento affettivo che si impone a determinate specie, alla caccia e alla pesca, ma la violenza efferata e seriale che si compie con ferocia e senza rimorsi per produrre cibo ammonta ad una percentuale che sfiora il 98 per cento di tutti i crimini compiuti ai danni degli altri animali da parte dell’uomo.

Questa situazione obbliga alcuni di noi a porci degli interrogativi e a enfatizzare con tutti i mezzi di cui disponiamo l’indifendibilità di tale brutale forma di oppressione e l’obbligo morale di fermarla.

Al Madonnino, come in altre cattedrali del dominio specista, schiavi non umani, discriminati e oppressi in quanto non facenti parte della specie eletta, creature rese invisibili e riproducibili all’infinito termineranno il loro angoscioso e breve viaggio su questo mondo.

Arriveranno al Polo Industriale nei camion, spesso dopo viaggi lunghi ed estenuanti, senza acqua ne cibo, al freddo gelido o nel caldo torrido e obbligati a scendere senza tanti complimenti, convogliati nei recinti esterni e poi, uno alla volta, verso i tunnel della morte, storditi in maniera adeguata se hanno un briciolo di fortuna, ancora coscienti in altri casi nelle mani degli addetti al taglio della gola, alla rimozione di muso e zoccoli, all’evisceramento….una orrenda catena di smontaggio degna dei peggiori film dell’orrore, un orrore senza eguali dove il sangue, le lacrime, il terrore, la merda, le urla, l’angoscia si levano, si mischiano e si separano dalla carne, dalla fibra, dai muscoli, dalle budella e da altre parti che verranno poi vendute opportunamente ripulite e rese presentabili a quei consumatori che non si chiedono, che non intendono vedere, che non dispongono di una sensibilità tale da consentire loro, appunto, di fare le dovute connessioni.

Non abbiamo bisogno dei mattatoi, dei trasportatori di animali vivi, degli allevamenti, degli stupri industriali per generare nuove vittime, non abbiamo bisogno dell’allevatore e del macellaio per vivere.

Possiamo vivere bene e mangiare con gusto basando la nostra alimentazione sui prodotti della terra, vivere senza infliggere disperazione, violenza e morte ad altri è possibile, per questo vogliamo che posti simili a quello del Madonnino scompaiano o che vengano riconvertiti ad una economia di pace, di solidarietà e di crescita culturale.

Oggi in molti abbiamo deciso di non sostenere più coi nostri acquisti l’industria alimentare tradizionale, abbiamo eliminato dal nostro carrello della spesa tutti quei prodotti derivati dallo sfruttamento degli altri animali.

Altri ancora hanno deciso di dedicare parte del loro tempo e delle loro risorse personali alla lotta per la liberazione delle vittime non umane di questa orrenda macchina di sterminio, giustificata dall’ideologia antropocentrica secondo la quale tutto è lecito nell’interesse della specie dominante e del modello economico accettato.

Il denaro e la creazione di sempre maggiori margini di profitto sono le vere cause di tanta violenza, di tanta indifferenza, del declino dei nostri valori e della valorizzazione dell’umanità che dovrebbe distinguerci dalla bestie ( ci dicono ).

Dov’e’ l’umanità in posti come il mattatoio del Madonnino?

Dov’e’ la dignità e la moralità dei carnefici che lo operano e la rispettabilità di chi finanzia simili progetti di morte?

Dove l’intelligenza e la capacità di riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato?

Queste qualità non esistono più, in famiglia e a scuola ci hanno inculcato nozioni in diretto contrasto con l’insorgere di sentimenti quali la solidarietà e l’altruismo, sentimenti che noi, attivisti per la liberazione animale, sentiamo fortemente di dover declinare estendendo la sfera della compassione e della considerazione morale ANCHE alle specie diverse da homo sapiens, diverse ma non meno degne di vivere.

Solo il fatto che ogni creatura senziente è capace di soffrire dovrebbe indurre in ogni uno di noi una riflessione e una presa di posizione netta al fianco delle vittime, in opposizione ai carnefici e ai mandanti di tale infame e scellerato progetto di dominio e di distruzione del mondo vivente, per queste ci opponiamo  a tutti i macelli, a tutti gli allevamenti, per questo nel 2015 dobbiamo continuare a batterci contro la schiavitù.
riflessione e una presa di posizione netta al fianco delle vittime, in opposizione ai carnefici e ai mandanti di tale infame e scellerato progetto di dominio e di distruzione del mondo vivente, per queste ragioni siamo venuti qui oggi e vi torneremo presso il polo industriale del Madonnino in provincia di Grosseto, per queste ragioni ci opponiamo a tutti i macelli, a tutti gli allevamenti, per questo nel 2015 dobbiamo continuare a batterci contro la schiavitù.

Da un articolo a cura di Valentina Sonzogni apparso sulla rivista ANIMAL STUDIES numero 3/2013, edizione sul tema della morte “Chi muore e chi no” – versione digitale integrale in PDF qui Scrivere qualche nota critica attorno al tema del mattatoio non è affatto cosa facile e non solo per l’innata natura respingente del tema che, come vedremo, ne ha determinato il pressoché totale oblio nella storiografia architettonica ufficiale. In Italia non esiste una letteratura al riguardo: scorrendo il catalogo di una qualsiasi biblioteca, ci si rende facilmente conto che la ricerca con le parole chiave del caso rimanda a manuali tecnici o a compendi legislativi sulle norme igienico-sanitarie da seguire in questi luoghi. Niente che si riferisca al loro aspetto culturale, antropologico o storico. Per quanto riguarda la progettazione architettonica in senso stretto, la tipologia del mattatoio non sembra aver mai ispirato gli architetti, neanche quelli attivi ai tempi del tavolo da disegno e delle matite, quando si disegnava anche sulle tovaglie di carta del ristorante. Infatti, pur essendo il mattatoio un edificio presente nelle città sin dall’antichità e che ha avuto un forte sviluppo nell’Ottocento, l’industria della carne non ha mai avuto interesse, almeno in tempi moderni, a sovvenzionare studi per attualizzarne la tipologia, per accrescerne il potenziale o per renderla più “appetibile”.

The Union Stock Yards a Chicago, anno 1899.

The Union Stock Yards a Chicago, anno 1899.

Pensiamo all’enorme quantità di turisti attratti, ad esempio, dalle visite alle cantine e ai produttori di vino che commissionano i loro edifici ad architetti del calibro di Steven Holl e Massimiliano Fuksas, tra gli altri. Al contrario, nel caso della carne, sembra che raccontarne i metodi e i luoghi di produzione non sia un tipo di marketing altrettanto efficace… Tra i progetti di qualche interesse dal punto di vista puramente estetico, il progetto del mercato del bestiame e del macello di Lione dell’architetto francese Tony Garnier completato nel 1928 (ma progettato a partire dal 1906) e quelli di Le Corbusier dell’Abattoir frigorifique di Challuy, 1917, e di quello simile dell’anno dopo a Garchisy, hanno certamente tentato una rielaborazione di una tipologia negletta. Il progetto mai realizzato di Le Corbusier, in particolare, sembra applicare i criteri estetici e progettuali del Modernismo al mattatoio per meccanizzarne e razionalizzarne la circolazione interna, arrivando a far somigliare questo potenziale “non-luogo” ad una sorta di “iper-luogo” che ricorda il celebre progetto dello stesso autore per il Palazzo dei Soviet a Mosca del 1930. Inoltre, in questi progetti di mattatoi, compare per la prima volta la famosa promenade architecturale, ovvero la passeggiata architettonica facilitata da una o più rampe che determinano e dirigono la percezione e l’appercezione dello spazio architettonico. Tale abbozzo dell’elemento che diverrà strutturale alla definizione dei famosi cinque punti della nuova architettura viene qui sperimentato in forma, per così dire, di promenade funèbre. Le parole abattoir frigorifique, ovvero macello refrigerato, ci rimandano all’indagine di Sigfried Giedion, il primo storico dell’architettura a occuparsi delle implicazioni della meccanizzazione sulla gestione della vita e della morte dell’animale.

Carcasse di maiali al Mattatoio di Chicago ( fine ottocento )

Carcasse di maiali al Mattatoio di Chicago ( fine ottocento )

Nel classico Mechanization Takes Command del 1948 – in particolare nel capitolo Mechanization and Death: Meat, ma in generale in tutto in libro – Giedion pone l’attenzione sull’animale da macello come parte “organica” sulla quale si sperimentano i processi di meccanizzazione nell’industria della carne. Con l’associazione su due pagine a fronte di parti di automobili perfettamente allineate in un’officina e di carcasse appese con la stessa fordistica precisione in un macello, Giedion sancisce ufficialmente l’ingresso dell’animale nella catena di montaggio globale omettendo qualsivoglia interpretazione o giudizio se non un trito (già all’epoca) riferimento al film di Charlie Chaplin Tempi moderni (1936). Qualche segno del “referente assente” compare negli stessi anni nella rivista Documents, pubblicata a Parigi, solo per pochi numeri, negli anni 1929-30. Georges Bataille, mente e braccio della rivista, opera un cortocircuito tra testo e immagini, così che le immagini possano rivelare il loro potere nascosto, spesso distruttivo dell’estetica classica, e indagare il basso materialismo in opposizione all’ideologia pura, cristallina e “alta” dei surrealisti capitanati da André Breton. I “documenti” di cui ci parla Bataille sono quelli del mondo moderno in cui egli vive, gli stessi vicoli e passaggi descritti da Walter Benjamin, gli stessi spettacoli e le gite domenicali dipinte da Georges Seurat, ma montati e descritti così da funzionare in maniera eccedente. Tra le immagini che Bataille sceglie per illustrare i concetti di abiezione, degrado, spreco ed entropia ce ne sono alcune del mattatoio della Villette di Parigi che, con la loro brutale semplicità, illustrano l’idea del lato oscuro del commercio sfavillante di luci e di offerte: in una strada vuota, addossate al muro, stanno ordinate – come parti meccaniche uscite da una catena di montaggio – delle zampe. Così, semplicemente sconvolgenti.

Un "operatore" nella cella frigo di un mattatoio in Romania.

Un “operatore” nella cella frigo di un mattatoio in Romania.

Bataille, certamente non un precursore dell’antispecismo, aveva però colto la follia insita in tali immagini e le aveva sottoposte a un meccanismo di inversione critica per fare da contraltare a un servizio fotografico pubblicato sulla rivista Cahiers d’Art nel 1928, nel quale si narravano e si illustravano “le magnifiche e progressive sorti” del moderno mattatoio che, spogliato di tutto il sangue e la disperazione, veniva proposto nella purezza architettonica delle sue forme moderne. Nel suo Dictionnaire, Bataille – attraverso le fotografie di Eli Lotar che documentano il macello pieno di cadaveri, catene, strisce di sangue a terra e attendenti lordi di sangue – traccia un parallelo tra il mattatoio e la religione attraverso il rituale del sacrificio. Bataille narra la “grandezza sconvolgente e lugubre” dei luoghi in cui scorre il sangue, associando i mattatoi ai templi in cui si svolgevano i sacrifici di animali umani prima e non umani poi. Ma è Denis Hollier che dà la più lucida interpretazione del meccanismo occulto di Bataille: Se l’uccisione del Minotauro è di solito ritenuta un’azione umanistica per mezzo della quale un eroe libera la città da tutto ciò che è arcaico e mostruoso e traghetta la società fuori del tempo labirintico, per Bataille il sacrificio funziona nel modo opposto: infligge un colpo all’imago organica e apre di nuovo il labirinto. Il mattatoio è il luogo deputato dove la follia dell’era del labirinto si ripropone in tutta la sua insensatezza ma questa volta, come scrive Hollier, non c’è più nessuno che presenzia al sacrificio perché forse non c’è più nulla da salvare. In anni più recenti, si incontrano degli studi che forniscono qualche spunto di riflessione sul tema mattatoio come luogo fisico ma, attenzione, mai come architettura in sé. Perché se è vero che l’architettura, come l’arte, la musica la danza e la letteratura è un testo che può esser letto, raccontato e interpretato, il mattatoio è un non-luogo architettonico, una planimetria a-semantica, un edificio non connotato, nel quale consciamente non viene fatto alcuno sforzo per migliorare, abbellire, rendere piacevole o attraente lo spazio. L’unico tentativo sembra quello di mascherare, di nuovo e ancora, quello che succede dentro degli anonimi edifici, che hanno tutta l’aria di essere degli innocui capannoni industriali.

Orrori di casa nostra: il nuovo impianto presso il Polo Industriale del Madonnino, Braccagni, Grosseto, costruito con una parte di soldi pubblici affidati ad un consorzio privato. Questo impianto ucciderà, quando operativo, fino a 12,000 animali all'anno.

Orrori di casa nostra: il nuovo impianto presso il Polo Industriale del Madonnino, Braccagni, Grosseto, costruito con una parte di soldi pubblici affidati ad un consorzio privato. Questo impianto ucciderà, quando operativo, fino a 12,000 animali all’anno.

In area anglosassone esistono alcuni saggi sul tema del macello come luogo fisico, sul suo funzionamento, la sua storia e, in qualche modo, sul suo significato – anche se solo per la comunità di uomini che attorno ad esso fa ruotare la propria economia e il proprio sostentamento. Il soggetto di indagine di questi volumi è l’analisi del primo grande (e unico) cambiamento strutturale e logistico del macello, ovvero il passaggio dalle tecniche manuali del grande mattatoio parigino della Villette alla meccanizzazione dei macelli americani, in particolare quello di Chicago, e sulle conseguenze che questa modernizzazione ebbe sull’organizzazione interna degli spazi. Catherine T. Ingraham nel libro Architecture, Animal, Human: The Asymmetrical Condition analizza i meccanismi di resistenza e di integrazione tra l’architettura e gli animali umani e non umani che, a loro volta, a seconda della loro specie, mostrano preferenze per l’una o l’altra forma di architettura. A parte qualche sporadica citazione di J. M. Coetzee o Peter Singer, il libro manca di qualsiasi analisi in senso antispecista dei meccanismi di sopraffazione perpetrati dell’architettura umana sugli animali non umani, che è ormai tanto frequente quanto le pure geometrie degli alveari o le dighe dei castori, con buona pace loro. Nel libro di saggi curato da Paula Young Lee Meat, Modernity and the Rise of the Slaughterhouse, si affronta la questione della storia del macello soffermandosi sulle differenze tra il modello europeo e quello americano. Particolarmente interessante è l’analisi delle aree urbane nelle quali erano collocati i mattatoi: non lontano o addirittura negli stessi quartieri dove si esercitava la prostituzione e dove la malavita esercitava il controllo del territorio. Tali zone erano talmente caotiche da renderne impossibile il controllo, non solo delle condizioni igieniche, ma di qualsivoglia tipo di attività. Solo nel 1867, infatti, con l’inaugurazione del mattatoio della Villette, l’area centrale di Parigi fu liberata dal sangue che letteralmente scorreva nelle strade per confinare la morte dell’animale in un’area caratterizzata da terribili effluvi industriali, elevate attività criminali e disoccupazione, lasciando che il barone Haussmann spianasse i suoi boulevards ordinati nel centro della capitale francese. Le aree prescelte per ospitare i macelli sembrano qualificarsi allora come i margini della razionalità urbanistica e antropologica di Parigi e, più in generale, della metropoli ottocentesca. Per quanto riguarda il progetto architettonico nella contemporaneità, vale la pena di menzionare qui il progetto dello studio olandese MVRDV che si è occupato del tema del mattatoio nel progetto Pig City (2001). Partendo dal consumo di carne di maiale (nel 1999 in Olanda si contavano circa 15 milioni di esseri umani e 15 milioni di maiali), lo studio di Winy Maas ha concepito un complesso formato da 76 torri ognuna alta 622 metri, ovvero il doppio della torre Eiffel, nella quale ospitare l’allevamento di queste creature. I rendering del progetto mostrano delle angoscianti visioni di torri senza fine, popolate di maiali senza nome, unità alimentari senza diritto di nascita né di morte, condannate a salire su un ascensore per andare al macello, mentre migliaia di altre identità come loro continuano a brulicare in un osceno grattacielo-formicaio.

Una immagine di rendering dal progetto "Pig City"

Una immagine di rendering dal progetto “Pig City”

Ma questo è solo un sogno, o forse una lucida visione di un futuro possibile. E allora come facciamo noi ad arrivare a un macello? Si va a piedi, si prende l’auto? Come si fa a riconoscerlo, non essendo attivisti abituati alla ricerca di gabbie da aprire? Su questi luoghi non si possono chiedere informazioni poiché non esistono più né nella lingua né nella toponomastica della città, se non in un vago ricordo: Via dei due Macelli, Foro Boario, Stock Exchange. La rimozione del mattatoio dal tessuto urbano accettato come spazio civilizzato, segue lo stesso meccanismo di rimozione dell’animale quando ci si trova dinanzi alla bistecca, rivelando la stretta relazione tra la meccanizzazione del processo e l’astrazione del soggetto consumato, trasformato nel “referente assente” di Carol J. Adams. Far assurgere il mattatoio a oggetto di interesse culturale significa auspicabilmente rimettere in discussione e rinegoziare la condizione dell’animale non umano.

Letteratura di riferimento:

Adams C. J. (1990; 2010), The Sexual Politics of Meat. A Feminist-Vegetarian Critical Theory Continuum, New York-Londra.

Bataille G. (2005), Storia dell’occhio ES, Milano. Bois Y. A., Kraus R. (1996), L’informe. Mode d’emploi, Centre Georges Pompidou, Parigi. Fondation Le Corbusier, http://www.fondationlecorbusier.fr

Giedion S. (1948), Mechanization Takes Command: a Contribution to Anonymous History Oxford University Press, Oxford. Hollier D. (1992), Against Architecture.

The Writings of Georges Bataille MIT Press, Londra-Cambridge. Ingraham C. T. (2006), Architecture, Animal, Human: The Asymmetrical Condition Routledge, Londra.MVRDV, http://www.mvrdv.nl.

Young Lee P. (2008), Meat, Modernity, and the Rise of the Slaughterhouse University of New Hampshire Press, Lebanon

Per informazioni, una cronistoria e per una prospettiva critica e radicale all’ ideazione, costruzione e messa in opera dell’orrore di casa nostra, il Mattatoio sorto nell’area del Polo Industriale del Madonnino, Braccagni, Grosseto, il quale come si evince dai progetti sullo “sviluppo rurale” della zona darà impeto alla realizzazione di nuovi allevamento di tipo industriale ( la qual cosa per le menti malate di coloro i quali salutano con gusto tali insediamenti è considerata come una manna per l’economia locale ) visita le seguenti pagine a cura di Associazione D’Idee :

Nuovo Mattatoio a Grosseto: obiettivo ALLEVARE, missione UCCIDERE

Il “mestiere” di ammazzare: Mattatoio del Madonnino, Braccagni ( GR )

L’insanità del Mattatoio, l’insanità dell’indifferenza, a Grosseto

NO al MATTATOIO a GROSSETO! Nè Nuovo Nè Vecchio!!

Azione a Grosseto CONTRO la costruzione del nuovo mattatoio

Ammesso che nel petto di ogni uno di noi ci sia un cuore che pulsa e che ci consente di ingaggiare in un esercizio di Empatia con gli altri individui; ammesso che riusciamo a comprendere che cosa è giusto e che cosa è sbagliato INDIPENDENTEMENTE dalla corazza che il nostro starcene immersi nella cultura e nelle tradizioni antropocentriche che governano ogni nostro vissuto ci impone, una corazza che ci scherma da emozioni e da sentimenti basilari quali la Compassione e l’Amore, quali la Volontà che dovrebbe animare ogni uno di noi al cambiamento di qualcosa di così profondamente ingiusto e angosciante; ammesso che siamo ancora in grado di ricrederci svincolandosi così dalle menzogne e dalle nefandezze nelle quali il nostro vivere moderno ci costringe ad investire ogni singolo momento della nostra esistenza; ammesso tutto questo, le immagini che seguono dovrebbero colpirci con forza, dovrebbero farci sussultare e farci divenire parte in causa nella lotta per la liberazione degli schiavi non umani che a decine di miliardi ogni anno ci vengono sacrificate dall’industria alimentare.

Divenire VEGAN è soltanto il primo passo verso una presa di coscienza più generalizzata che condurrà Homo Sapiens alla sua totale liberazione da ogni ciclo di produzione violento e coercitivo.

Non importa con quali modalità i maiali vengono allevati, in quale parte del mondo…tutti loro eventualmente verranno caricati su di un affollato automezzo, senza alcun riguardo, senza alcun riparo dal caldo o dal freddo, senza cibo, senza acqua, senza un luogo dove poter espellere le loro deiezioni, tutti loro verranno mandati al macello.

Le foto che seguono raccontano l’atto finale della loro storia comune.

Molti di noi hanno potuto testimoniare il passaggio o la sosta di uno di questi automezzi carichi di animali diretti al mattatoio.

Molti di noi hanno potuto testimoniare il passaggio o la sosta di uno di questi automezzi carichi di animali diretti al mattatoio.

Ad una più attenta osservazione molti di noi avranno notato che c'e' vita all'interno di questi automezzi.

Ad una più attenta osservazione molti di noi avranno notato che c’e’ vita all’interno di questi automezzi.

...avranno notato dei tristissimi occhi verdi tra le sbarre...

…avranno notato dei tristissimi occhi verdi tra le sbarre…

...degli occhi azzurri velatamente preoccupati  che ci fissano...

…degli occhi azzurri velatamente preoccupati che ci fissano…

...degli occhi azzurri velatamente preoccupati  che ci fissano...

…dei terrorizzati occhi marroni che ci interrogano…

Non mancheremmo di notare QUALCUNO che soffre in modo insopportabile per il gran caldo...

Non mancheremmo di notare QUALCUNO che soffre in modo insopportabile per il gran caldo…

...delle bocche rese schiumose a causa dell'impossibilità di bere o di trovare refrigerio in alcun modo...

…delle bocche rese schiumose a causa dell’impossibilità di bere o di trovare refrigerio in alcun modo…

E' il loro ultimo giorno di non-vita sulla Terra.

E’ il loro ultimo giorno di non-vita sulla Terra.

Questo individuo, come noi, dispone di una personalità unica, eppure l'identificativo lui assegnato consiste in un tratto di vernice spray colorata applicata sulla schiena

Questo individuo, come noi, dispone di una personalità unica, eppure l’identificativo lui assegnato consiste in un tratto di vernice spray colorata applicata sulla schiena

...o un numero inciso sulla pelle...

…o un numero inciso sulla pelle…

Guarda negli occhi questo individuo e prova a raccontarti quanto di poco conto siano tutte quelle cicatrici sul suo volto.

Guarda negli occhi questo individuo e prova a raccontarti quanto di poco conto siano tutte quelle cicatrici sul suo volto.

I maiali sono naturalmente tra gli animali più puliti che possiamo incontrare, eppure vengono normalmente costretti a vivere tra i propri escrementi.

I maiali sono naturalmente tra gli animali più puliti che possiamo incontrare, eppure vengono normalmente costretti a vivere tra i propri escrementi.

Egli può soltanto guardare al di là delle sbarre nella speranza che un passante si fermi ad aiutare o anche soltanto ad offrire un sorso d'acqua...

Egli può soltanto guardare al di là delle sbarre nella speranza che un passante si fermi ad aiutare o anche soltanto ad offrire un sorso d’acqua…

Non hanno alcun modo di muoversi o di aggiustarsi in alcuna posizione tanto affollato è lo spazio nel quale si trovano confinati.

Non hanno alcun modo di muoversi o di aggiustarsi in alcuna posizione tanto affollato è lo spazio nel quale si trovano confinati.

Pensiamo che egli abbia un'idea sul luogo verso il quale stà venendo trasportato?

Pensiamo che egli abbia un’idea sul luogo verso il quale stà venendo trasportato?

I suoi tristi occhi impauriti...

I suoi tristi occhi impauriti…

...sembrano dirci  “si, lo so benissimo dove stò andando”

…sembrano dirci “si, lo so benissimo dove stò andando”

Non possiamo sentirlo chiederci aiuto...

Non possiamo sentirlo chiederci aiuto…

...chiederci di accorrere in suo aiuto, di salvarlo...

…chiederci di accorrere in suo aiuto, di salvarlo…

...trasmetterci la sua tremenda paura...

…trasmetterci la sua tremenda paura…

...offrirci un'idea della tremenda sofferenza a cui viene sottoposto.

…offrirci un’idea della tremenda sofferenza a cui viene sottoposto.

Non siamo in grado di sentirlo chiederci di fare qualcosa per impedire che si compia il suo terribile destino.

Non siamo in grado di sentirlo chiederci di fare qualcosa per impedire che si compia il suo terribile destino.

Non c’e’ speranza per i soggetti di queste foto, ma insieme possiamo contribuire a cambiare la sorte dei loro figli, dei loro nipoti, di tutti i maiali di questo mondo nati schiavi per volere dell’uomo ( allevatore, macellaio, imprenditore, consumatore ) e delle violente tradizioni che ne determinano le azioni.

Il loro primo e inalienabile diritto, il diritto che per loro rivendicano gli attivisti per la liberazione animale, è quello di NON NASCERE per venire sfruttati e brutalizzati.

La vita non può, non deve venire reificata.

Facciamolo per loro, facciamolo  per il pianeta che ci ospita, facciamolo per noi stessi.

Tutte le foto a cura di Anita Krajnc/Toronto Pig Save TPS_Logo2-1

Storia e immagini tratte da un articolo della PETA

In provincia di Grosseto stà per divenire operativo un moderno impianto di sterminio di massa capace di sopprimere e smembrare i corpi di almeno 12000 animali all’anno. Finanziato dallo sforzo economico di un consorzio di imprenditori privati locali e dall’esborso dalle casse della Regione Toscana di 1,680,000 euro a fondo perduto, questa mostruosità che sorge presso il Polo Industriale del Madonnino a Braccagni darà impulso, negli insani piani  di chi investe in tale impresa, alla nascita e allo sviluppo di decine di nuovi allevamenti in tutta la provincia.

Questo progetto rientra nei programmi del Piano di Sviluppo Rurale della Regione, soldi e risorse pubbliche destinate a rinforzare la nozione e le conseguenti prassi che il supposto benessere economico e sociale delle comunità umane debbe poggiarsi sulla sofferenza, la reclusione, lo sterminio di creature senzienti di specie diverse ritenute riproducibili e spendibili all’infinito per saziare gli appetiti malati di una moltitudine di persone inabilitate dal Sistema di vedere nelle immagini che proponiamo in questo Blog null’altro che “cibo”.

Secondo una indagine realizzata negli Stati Uniti il 53 per cento dei cani e il 55 per cento dei gatti domestici soffrono di obesità. Sempre negli Stati Uniti sono stati allestiti dei centri specializzati nel trattamento degli animali domestici sovrappeso e recentemente si è cominciata la commercializzazione di un farmaco, lo Slentrol, appunto per trattare i “nostri amici a quattro zampe” che necessitano di dimagrire.

Una domanda sorge spontanea sulla natura del cibo che abitualmente utilizziamo per i cani e per i gatti domestici, ma sopratutto su che cosa contengono le scatolette e i cibi secchi che giornalmente acquistiamo per i nostri pets.

Almeno la metà degli ingredienti utilizzati dall’industria per la produzione di cibo per i nostri animali domestici ( d’ora in poi pet food ) contiene parti dei corpi di altri animali ammazzati nei macelli e considerate inadatte al consumo umano, parti delle carcasse come teste, piedi, ossa, sangue, intestini ( con incluse le feci contenute in essi ), polmoni, milze, fegati, legamenti, alcune parti grasse e cartilaginose, feti, ma anche fertilizzanti, olii industriali, sapone, plastica e gomma finiti nell’amalgama per incuria. Incluse nelle scatolette di carne vi sono parti dai corpi di animali macellati da morti, di animali malati, morenti e disabili che sono giunti in tali condizioni nei moderni impianti di smontaggio dei corpi, i mattatoi.

obligateNel libro “Obligate Carnivore”  l’autore Jed Gillen cerca di costruire il caso sulla necessità di imporre ai nostri pets una dieta vegana. Se consideriamo tale dieta come innaturale per cani e gatti, Jed si interroga sull’attuale livello si salubrità e completezza dal punto di vista nutritivo dei cibi industriali che acquistiamo regolarmente per loro. Questi cibi sono infatti pieni di ingredienti i quali, per ragioni diverse, non possono essere destinati al  consumo umano e che sono così inadeguati che non possono nemmeno venire utilizzati per la produzione di carni processate tipo hamburgers, wurstels e altre schifezze simili. Questo dato, da solo, dovrebbe destare in noi il massimo allarme vista la scarsa, quando del tutto inesistente, preoccupazione da parte di chi produce e vende alimenti carnei di accertarsi della qualità di questi.

Nel testo sopra citato Jed Gillen sostiene che la carne acquistata per i nostri pets non contiene quasi mai filetti di prima scelta, ma che anzi, con regolarità, si commercializzano alimenti che non soddisfano un esame organolettico tale da potersi considerare all’altezza per una alimentazione sufficientemente qualitativa: oltre al sangue, alle ossa, ai tessuti cerebrali di altri animali si possono trovare pezzi di vittime di incidenti stradali ( roadkill ) fino ad arrivare a pezzi di cane e di gatto stessi, uccisi attraverso il comune metodo dell’eutanasia negli Stati Uniti.

I risultati di una indagine condotta dalla Food and Drug Administration hanno portato alla luce la presenza di sostanze come il Pentobarbital in diversi tipi di pet food, questa è la sostanza utilizzata dai canili e dai centri dedicati a questo tipo di attività, per sopprimere i cani e i gatti randagi. In altre parole, acquistando scatolette avviamo i nostri pets alla pratica del cannibalismo. Niente di naturale quindi.
Interi reparti di carni confezionate, esposte nei banconi dei supermercati e giunte invendute alla loro data di scadenza finiscono, ancora dentro le loro confezioni plastiche in alcuni casi, direttamente dentro a dei tritatutto giganteschi attraverso i quali si ottengono delle misture che noi poi ci curiamo di dare da mangiare ai membri non umani della nostra famiglia.
Molti di noi continuano a credere che per cani e gatti sia del tutto loro natura istintiva nutrirsi di carne dimenticando della enorme differenza tra un leone o un lupo che uccidono e divorano una preda e un cane o un gatto domestici che si cibano di un animale di altra specie allevato, torturato, macellato, amalgamato con altre parti, confezionato, commercializzato, il tutto a cura della specie padrona del mondo Homo Sapiens.cat and dog

Cos’e’ quindi che costituisce il crimine peggiore verso la Natura, cercare di provvedere alle esigenze alimentari dei nostri pets attraverso un regime alimentare vegano formulato appositamente per una alimentazione sana e completa oppure affidarsi alle misture in vendita presso tutti i negozi e i supermercati contenenti, piume, tumori, tessuti nervosi, carcasse di cani e gatti, frammenti plastici e sostanze chimiche realizzate appositamente per…ucciderli?

Un cane o un gatto possono condurre una esistenza sana e appagante senza che i loro “cugini” più sfortunati, perchè nati di altre specie, ne debbano pagare l’atroce costo. Al pari dei nostri simili orientati alla dieta onnivora, noi persone con una elevata sensibilità al benessere degli altri animali contribuiamo comunque alla strage perpetua che si consuma nei macelli e negli altri impianti di sterminio se non riusciremo a dare un seguito pratico alla riflessione che stiamo conducendo in queste pagine. Noi, in quanto referenti umani dei nostri pets, in quanto specie capace di comprendere la causa e gli effetti di ogni singola azione di cui siamo responsabili, abbiamo il compito di, quantomeno, verificare se sia possibile o meno sottrarre il nostro supporto all’infame industria alimentare.

Immaginiamo un mondo in cui si è interrotta la micidiale e mostruosa macchina dello sfruttamento degli altri animali per fini alimentari umani. Che cosa daremmo da mangiare ai nostri cani, ai nostri gatti? Riusciremmo, per ausilio di uno sforzo dialettico tanto assurdo quanto criminale a giustificare gli allevamenti e i mattatoi per il bene dei nostri fidi amici a quattro zampe? Saremmo a posto con la nostra coscienza di fronte alla scena di una mucca o di un maiale semi coscienti, appesi ad un gancio, la gola squarciata e il sangue che esce a iosa, nell’angosciante consapevolezza che tale individuo ha vissuto una vera e propria non-vita, privato della libertà e mandato a morire di una morte tanto violenta, il tutto per il vantaggio economico di qualche imprenditore senza scrupoli?

Saremmo a posto con la coscienza? Pet_Food_Aisle

Alla fine del nostro ragionamento torniamo ad affermare che una dieta alimentare vegana è e rimane comunque l’unica scelta etica e moralmente solida se consideriamo degni del diritto alla vita e al non sfruttamento le altre specie animali, indipendentemente dal fatto che una dieta vegan è al tempo stesso la più naturale, sana, equilibrata e moralmente valida che noi homo sapiens ( ma ci azzardiamo a sostenere che chiunque ) possiamo ( possa ) adottare, persino i cani e i gatti domestici.

Questa non sarà forse la raccomandazione del veterinario tipo, ma, in tutta onestà, noi riteniamo che gran parte di costoro ( i veterinari, come del resto i loro colleghi medici ) non abbiano alcuna competenza in materia di nutrizione. Sembra infatti che entrambe queste  figure professionali si formino su dei materiali didattici ed all’interno di  cuna cornice deontologica   che risultano direttamente o indirettamente promossi, finanziati, approvati e resi curriculum proprio dalle industrie che producono mangimi e farmaci. Ricerche e studi condotti dalla controparte, che pure esiste anche se esigua minoranza, vengono ignorati, derisi e marginalizzati con la precisa finalità di  mantenere lo status quo e la profittabilità di un mercato completamente appoggiato sullo sfruttamento del lavoro e dei corpi degli altri animali, una bioviolenza che anche noi, vegani antispecisti, sembriamo accettare quale inamovibile diktat!
Lo facciamo ogni volta che acquistiamo le scatolette o i sacconi di croccantini, i biscotti e le altre leccornie ai nostri amati cani, ai nostri gatti. Lo facciamo credendo all’ultima grande bugia dell’industria alimentare: è naturale comprare quei prodotti carnei per loro, morirebbero altrimenti!

L’esperienza ci insegna che per i cani è tanto più facile e sicuro affidarci ad una alimentazione basata sui prodotti della terra, ma per i gatti ?

Da veri predatori, I gatti per sopravvivere hanno bisogno della Taurina, un enzima che si trova soltanto nelle carni di altri animali, comunque, fin dal 1920 è dimostrato che la Taurina può essere riprodotta sinteticamente in maniera efficace e sicura anziché isolarla attraverso processi lunghi e tortuosi. L’ironia è che  i  gatti domestici fanno comunque affidamento sulla versione  sintetica della Taurina in quanto integrata negli alimenti in scatola dall’industria che li produce. Questo accade  in ragione del fatto che l’alta temperatura sviluppata nei loro impianti  durante le fasi di lavorazione depletano quella “naturalmente” contenuta in quegli orrendi amalagama di carni e di altre sostanze che andranno poi a costituire il prodotto finito.

In altre parole, la Taurina sintetica utilizzata dai produttori di cibo vegan per gatti è la medesima ( cioè ricavata attraverso una sintesi in laboratorio ) di quella che l’industria ortodossa ( cioè quella responsabile della sofferenza e della miseria degli altri animali prigionieri nei cicli di sfruttamento ) utilizza nei consueti processi produttivi di arricchimento del cibo.

Cosa fare quindi alla luce di questo ?

Oltre a leggersi il libro di Jed Gillen, atto questo non proprio alla portata di tutti in considerazione della barriera linguistica, possiamo provare per i nostri pets tutta la gamma di alimenti veg disponibili in Italia e questo fino a che non ne troveremo uno o più di uno che incontrano il favore dei nostri amati animali domestici.
Per una lista di rivenditori on-line dai quali ordinare alimenti vegan visitare le seguenti pagine: http://www.veganhome.it/articoli/cani-gatti-vegan/
http://www.ferraraveg.it/canigatti.htm
http://www.promiseland.it/2009/01/10/crocchette-vegan-ami/’
http://shop.ivegan.it/cibo-animali-c-150.html
oppure effettuate la vostra personale ricerca on line e commentate questo blog coi vostri risultati.

E’ possibile inoltre chiedere ai rivenditori abituali nella vostra città  una lista di alimenti veg e cruelty free.

Buona fortuna e una raccomandazione: non rinunciate troppo rapidamente, specialmente i gatti, si sa, sono soggetti pretenziosi, ma noi sappiamo quanto fondamentale sia per tutti gli altri animali  il successo della nostra missione.

bitesize veganGrazie ai tipi di Bite Size Vegan per l’ispirazione e per le informazioni contenute in questo articolo.