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Ritorna la Maxi Music Parade anche quest’anno: Montelaterone (GR) SABATO 13 AGOSTO 2016.

Sorgente: Maxi Music Parade 2016, Montelaterone (GR)

il bivio

Da qualche tempo questa associazione non opera più sul territorio a causa di una mancanza cronica di coesione interna al gruppo che la aveva animata nei suoi cinque anni di esistenza.

Chi scrive si augura che tutte le iniziative svolte e le modalità con le quali queste sono state portate a compimento rappresentino una risorsa per chi seguirà, attraverso il proprio attivismo, la propria indipendenza di giudizio e attraverso lo strumento dell’autogestione , a fare la differenza in un panorama locale, sociale e politico, irrimediabilmente corrotto dalla miopia ideologica e dal qualunquismo.

Un ringraziamento di cuore alle persone che ci hanno sostenuti e a quelle che, virtuosamente, riusciranno a dare un senso al lavoro fatto insieme dal 2010 al 2014.

Arrivederci.

PTT.

( immagine di Roberta Liguori )

sea shepherd logoHo appena ascoltato Captain Paul Watson di Sea Shepherd in una intervista su Watching the Hawks, programma di attualità in lingua inglese su Russia Today TV e ho constatato che:
1) Egli NON è mosso dalla compassione per i cetacei massacrati così selvaggiamente durante il “festival” Grind nelle isole Faeroe ( Danimarca ) in quanto esseri senzienti dotati di capacità di comprendere ciò che accade loro e di soffrire, piuttosto per via del fatto che quelle creature marine ” non appartengono ai loro carnefici ” questo connota il personaggio in questione quale è: un ” conservazionista “, vale a dire un uomo che crede nella bugia del dominio antropocentrico secondo la quale la Natura va difesa dagli eccessi della civiltà umana così possiamo continuare a sfruttarla e ad abusarne.
2) Egli NON obietta ai macelli, agli allevamenti intensivi e ai processi industriali dello sfruttamento degli altri animali tanto quanto obietta all’uccisione dei cetacei per via del fatto che ” negli oceani ci sono soltanto 128,000 esemplari estimati di cetacei pilot ( il tipo che viene spinto a riva e ucciso dagli isolani ogni anno ) contro i miliardi di polli, pecore, mucche e maiali che invece “popolano” la terra ferma “. In altre parole, le stragi vanno bene quando sono “sostenibili”
3) Egli NON abbraccia la filosofia Vegan evidentemente o lo fa per motivi che possiamo considerare “indiretti”, infatti afferma che ” la carne di cetaceo fa male per via del mercurio che contiene e che gli adulti che costringono i loro figli non solo a prendere parte alla mattanza stagionale di queste creature ma anche a consumare le loro vittime mangiandosele andrebbero denunciate per ” abuso sui minori”.

Un repertorio di vedute davvero deprimente considerato lo status di EROE accordato al signor Watson in tutto il mondo da attivisti e simpatizzanti per la liberazione degli animali e dai  media simpatetici con la causa di Sea Shepherd, organizzazione la quale ( come risulta da questo articolo  ) sembra finanziata, oltre che da sinceri donatori minori, da lotterie nazionali, da miliardari entrepeneurs e da personaggi dello spettacolo dai dubbi curricula politici.

In totale, sembra che gli introiti di Sea Shepherd sommati a quelli di altre organizzazioni minori che si oppongono all’uccisione dei cetacei ammontino a quasi 30 milioni di dollari all’anno.
Verrebbe da chiedersi : ma con questa montagna di quattrini e di supporto quali sono i risultati? Qualche balena morta in meno?
Che nel mondo, grazie a Watson tutti sanno cosa accade in quelle sperdute isole danesi dove il mare per qualche ora dal 24 di Luglio si tinge di rosso e dove si può testimoniare, da una distanza, la follia omicida di un migliaio di fanatici armati di lance, asce e coltelli che seviziano e uccidono dei pesci indifesi?
30 milioni di dollari.
Vicino a Grosseto c’e’ un posto che si chiama Madonnino, li opera una macello industriale in grado di ammazzare 12,000 vitelli all’anno e dall’aprile scorso ha cominciato a farlo. verso il macello del madonnino
A parte qualche isolato attivista nessuno se ne cura granchè di quelle vite la, nessuno investe un centesimo per opporsi a quel tipo di impresa, i grossetani magari neanche lo sanno e comunque alla maggioranza di loro, inclusi gli “animalisti”,  non potrebbe interessarsi di meno delle brutture dei macelli, delle ferite in termini culturali e antropologici inferte da tale cieca, seriale e istituzionalizzata violenza sulla coscienza collettiva della comunità locale, nessuno presta attenzione alle urla strazianti di quelle vittime nel tunnel della morte, con la puzza del sangue dei loro compagni appena sgozzati, delle urla di scherno e delle botte dei loro aguzzini umani, gli “operatori” dell’impianto.
Come quello del Madonnino, in provincia di Grosseto ci sono almeno altri 4 impianti che continuano ad uccidere, nel normalizzato e totale menefreghismo, animali fatti nascere dagli allevatori appositamente per venire macellati e divorati da orchi/consumatori senza una morale etica che li guidi nel momento in cui  il languorino allo stomaco si fa sentire.
L’intelletuale e filosofo canadese, teorico della comunicazione Herbert Marshall McLuhan sosteneva che “…the medium is the message…”, come dire, la presentazione spettacolare che si rende, a livello di grandi sistemi di comunicazione, ad un evento ne svuota alterandone automaticamente la percezione dei contenuti.
CONCLUSIONI : Il vero attivismo che si ispira alla reale liberazione dalla schiavitù , non è affatto spettacolare, procura guai e tedio senza fine a chi lo pratica, non attira donazioni miliardarie, ma sopratutto NON fa granchè notizia nello scenario globalizzato della comunicazione odierno.
PTT

demo at pamplonaQuesta mattina, un centinaio di persone, perlopiù spagnole, ma numerosi provenienti anche da altri paesi europei, si sono denudate, hanno cosparso i loro corpi di tinta rossa e si sono sdraiati a terra sulla strada che conduce all’entrata dell’arena della città di Pamplona.

Questa azione di straordinaria efficacia intendeva rappresentare il bagno di sangue che, come ogni anno, si compierà in nome di una tradizione violenta e depravata parte del Festival di San Fermin, la quale prevede che almeno 48  tori “vengano liberati” per le strade della città in una caotica, rumorosa corsa  verso la loro morte.

Inseguiti, derisi, abusati, gli animali terrorizzati, verranno ammazzati di fronte ad una folla in festa dagli addetti a colpi di spada e di lancia  una volta che, esausti e ricoperti di contusioni, saranno giunti a destinazione.

L’azione degli attivisti spagnoli è una denuncia affinchè la tremenda sofferenza imposta ai tori coinvolti non passi inosservata al resto del mondo o, peggio ancora, continui a venire considerata una “manifestazione culturale” così come la presentano i media conniventi con tale abominevole “festività”.

Tristemente questo scempio arcaico viene anche promosso quale attrazione turistica, i visitatori che si recheranno ad assistervi sono tra i principali responsabili del massacro.

Per quanto possa essere di una qualche utilità, Peta UK ha organizzato una petizione on-line alla quale tutti possono accedere firmando e sottoscrivendo il proprio sconcerto e la propria opposizione a questa estrema, istituzionalizzata esibizione della crudeltà umana.

Come possiamo dirci “ambientalisti” o “ecologisti” senza avere maturata, o mantenere una mentalità sufficentemente aperta per cominciare a farlo, una consapevolezza in relazione al tipo di impatto che le nostre scelte alimentari quotidiane esercitano sugli altri e sull’ambiente?

Interi settori della popolazione mondiale  si dichiarano  a favore di politiche di tutela e di salvaguardia della Natura senza porsi criticamente la questione del proprio diretto contributo alla depredazione delle risorse del pianeta e alla distruzione degli ecosistemi.

Ogni giorno abbiamo la necessità di nutrirci. Per fare questo ci affidiamo con leggerezza al supermercato o ad altre grandi catene di distribuzione alimentare le quali a loro volta, motivate da imperativi economici, acquisiscono i loro prodotti da imprese, che sia locali che multinazionali, le quali ingaggiano in maniera diretta ad una vera e propria guerra al mondo vivente.

Ci permettiamo di banalizzare la questione dell’impatto che un certo “vivere moderno” opera sul mondo vivente presentando in sette punti come, rimuovendo la carne dai nostri piatti, sia possibile mettere in atto un comportamento non soltanto compassionevole e votato al rispetto degli altri animali, ma di cruciale entità anche nella lotta contro la graduale devastazione del territorio i quali effetti sono sotto gli occhi di tutti.

1_ Non contribuire all’inquinamento delle falde acquifere e dei corsi d’acqua.

corsi d'acquaA causa di fattori tutti riconducibili all’economicità delle loro attività gli allevatori costringono il maggior numero di animali nel minore spazio possibile, che si tratti di allevamenti intensivi o di piccole imprese locali questi ultimi produrranno un forte impatto sul territorio per via delle loro deiezioni.Soltanto una frazione delle deiezioni prodotte verranno assorbite dal terreno senza procurare gravi danni a fiumi, falde, torrenti e a tutti gli altri corsi e depositi di acqua pulita essenziali per la vita e per la salute di tutti.

2_ Fermare la distruzione degli habitat naturali

specie a rischioLa riduzione drastica nel consumo di alimenti carnei e derivati contribuisce al mantenimento della diversità biologica arrestando il trend in atto, registrato negli ultimi anni, di estinzione in massa di specie animali.
Secondo il Center for Biological Diversity  la produzione di animali da mandare al macello è la causa principale, in termini di impatto ambientale, del declino nella qualità dell’aria, dell’acqua e degli spazi naturali disponibili agli animali selvatici per vivere indisturbati dalla civiltà umana.

Dal 1980 al 2010 la produzione di carne è triplicata a fronte di una popolazione mondiale di oltre sette miliardi di individui, da ora al 2050 è previsto un ulteriore 50% in più nella domanda a meno che non si riesca ad arrestare e ad invertire l’attuale trend relativo ai “bisogni indotti” nella popolazione da parte dell’industria agro alimentare la quale realizza profitti enormi in questa equazione mortale.

La sovra popolazione del pianeta e la sete di dividendi delle industrie umane sono le cause primarie delle scelte non sostenibili operate dai governi mondiali, scelte erratiche che stanno conducendo alla catastrofe attraverso un processo di spoliazione delle risorse inesorabile nella sua drammaticità

3_ Ridurre il consumo di acqua
eccessivo consumo di acquaNei paesi a capitalismo avanzato oltre il 50% delle risorse idriche vengono impiegate nei processi di produzione di alimenti carnei.

In pratica occorrono fino a 20.000 litri di acqua ( l’equivalente di 2 mesi di consumo medio di acqua in docce ) per un chilo di carne.

Per la produzione di un chilo di frumento ci vogliono tra i 500 e i 4000 litri.  http://www.theguardian.com/news/datablog/2013/jan/10/how-much-water-food-production-waste

4_ Prevenire la deforestazione

foreste pluvialiSecondo dati contenuti nella working paper n.22 della World Bank il volume attuale di carne immessa sul mercato alimentare globale è il principale responsabile della distruzione delle foreste pluviali operata dalle multinazionali e dagli altri operatori del settore per fare spazio agli allevamenti intensivi ( aree di pascolo e da adibire agli impianti di lavorazione ).

5_ Salvare gli oceani

oceaniPer quanto ci riguarda qualsiasi tipo di pesca rappresenta un grave abuso nei confronti delle creature marine e dell’ambiente che le ospita.

Secondo uno studio compiuto nel 2010 il 90% delle specie più grandi di pesci presenti al mondo sarebbero scomparse dai mari .

Le tecniche industriali di pesca oggi sono comparabili a delle vere e proprie azioni militari costituite dall’inseguimento guidato da radar e satelliti dei grossi banchi di pesci e dal rastrellamento selvaggio dei fondali che intrappolano e soffocano, uccidendole indistintamente, tutte le specie che abitano gli oceani. In alte parole, come l’impronta umana avanza sui territori sommersi del pianeta tutto l’ecosistema che ne sostiene la vita  subisce il mortale impatto senza avere alcuna possibilità di ripresa.

6_ Proteggere la Natura e le bio diversità

i lupi e le altre specie a rischio di estinzioneDecine di migliaia di animali selvatici predatori come le volpi, gli orsi, i lupi e le linci
vengono uccisi o cacciati dai loro territori in quanto rappresenterebbero un fattore di rischio per l’industria alimentare carnea, stessa cosa accade a diverse specie di ungulati  i quali, a dire degli impresari che producono cibo per conto degli allevatori, interferirebbero, per via della loro presenza, con le politiche e con le prassi di assegnazione di intere aree a progetti imprenditoriali legati all’industria suddetta.

7_ Combattere i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici derivati dall’attività economica umana sono oggi la minaccia più temibile alla nostra stessa esistenza.

Riducendo drasticamente il consumo di carne e derivati con la prospettiva di un cambiamento radicale delle nostre abitudini alimentari ogni uno di noi può contribuire in maniera significativa alla riduzione del quoziente di emissioni di metano e di ossido di azoto nell’atmosfera

cambiamenti climaticiPiù alto il consumo di prodotti carnei più drammatica la quantità degli agenti atmosferici che determinano il fenomeno noto come effetto serra .

Passare da una dieta carnea ad una basata sui prodotti della terra non solo equivale ad un atto di amore e di considerazione nei confronti degli altri animali che subiscono per mano dell’uomo le peggiori umiliazioni e violenze, ma ad una scelta concreta per contrastare la razzia delle risorse naturali e lo scempio operato dalla civiltà umana all’ambiente che ci accoglie.
Per fare una simile scelta non occorrono doti particolari, ma la semplice volontà di incidere positivamente nella vita degli altri e nella propria.

Adottare una filosofia di vita Vegan oggi significa divenire il cambiamento che ci auguriamo vedere realizzato e per farlo non è mai stato più semplice in considerazione delle decine di ottime risorse on line per un primo orientamento personale sia per quanto riguarda la nostra alimentazione che per tutti gli altri aspetti pertinenti tale filosofia ( cosa vestire, come intrattenersi, come vivere in maniera sostenibile e non violenta ).

vai VEGANPer  informazioni sulla scelta Vegan navigare qui e qui.

Grazie a Mercy For Animals per l’ispirazione e per alcuni dei contenuti esposti.

agnellohomeNonostante il grande lavoro svolto dagli attivisti in questi anni per ridurre il numero delle uccisioni di animali nei mattatoi, in particolare durante periodi particolari dell’anno, le “celebrazioni” pasquali continuano a rappresentare un picco insanguinato e il primato delle macellazioni va alla Sardegna, al Lazio, alla Puglia poi seguite da Campania e Toscana, le vittime totali in Italia ogni anno sfiorano i 4 milioni.

La nostra sarà una Pasqua Veg In quanto antispecisti e vegani ci opponiamo a ogni tipo di allevamento e di sfruttamento e preferiamo adottare una dieta alimentare scevra di violenza e di crudeltà.

Per fare questo ci affidiamo completamente ai prodotti della terra sui quali impostare la nostra alimentazione

Siamo tuttavia coscienti del fatto che il terribile destino riservato ai piccoli di pecora strappati alle amorevoli cure delle madri per finire con la gola tagliata in una pozza di sangue è uno scenario che turba particolarmente ANCHE coloro i quali non dedicano granchè della loro attenzione alla sofferenza degli altri animali per mano dell’industria agro alimentare

Bene, con questo evento ci rivolgiamo ANCHE a loro e chiediamo a tutti voi invitati di partecipare alla spesa di € 150,00 per l’affissione di 50 manifesti 70×100 sugli spazi appositi gestiti dalla Sistema SRL a Grosseto.

Questa è una iniziativa nazionale organizzata e promossa da Animal Amnesty alla quale aderiamo con entusiasmo.

Le affissioni verranno realizzate il 16 MARZO per quindici giorni.

Vi invitiamo a contribuire con una donazione con le seguenti modalità:

RICARICA POSTE PAY n. 4023600586285530 intestata a Paolo Rossi

DI PERSONA se in Grosseto telefonando o messaggiando il 3281544997

oppure tramite PAYPAL o altra carta di credito seguendo le istruzioni sul nostro profilo KAPIPAL

agnellini

In questa foto la divisione dei piccoli dalle loro madri operata dagli allevatori, gli agnellini, principalmente maschi, marcati con la vernice verde finiranno al mattatoio, i piccoli femmina seguiranno l’angoscioso destino delle loro madri: delle vere e proprie macchine per la riproduzione.

Pe aggiornamenti sull’andamento della raccolta delle vostre donazioni visitare la pagina Facebook relativa a questo evento.

Grazie di cuore per l’aiuto che riuscirete a darci e alla considerazione morale che accorderete agli agnellini  scegliendo di NON COMPRARNE e di NON CONSUMARNE i corpi nè quest’anno nè mai più.

La raccolta parte da €25,00 versati da Carla R. EVENTO su FACEBOOK

QUI il video di TV ANIMALISTA sulla macellazione degli agnelli.

Se avete la possibilità di organizzare una affissione simile in altre città italiane non esitate a contattare Animal Amnesty  visitando la loro pagina web

top_campagna_pasqua

Nelle immagini il manifesto che verrà affisso in decine di città italiane quest’anno.

Uno dei luoghi della civiltà umana maggiormente tenuto a distanza dagli sguardi, probabilmente il luogo maggiormente rimosso dall’immaginario individuale e collettivo è quello del mattatoio.

La struttura adibita a questo tipo di attività che è stata costruita all’interno del Polo Industriale del Madonnino, a Braccagni, in provincia di Grosseto non è una eccezione a questa regola.

Questo moderno campo di sterminio è stato realizzato su iniziativa di un Consorzio di aziende locali le quali hanno beneficiato di un contributo regionale a fondo perduto di un milione e seicento ottantamila euro a fronte di una spesa di due milioni e ottocentomila euro complessivi.

Per la Regione Toscana che ha finanziato in larga parte questa impresa, l’atto di assegnare tutti quei soldi pubblici alla MaMar, una azienda specializzata nell’uccisione di animali cosi detti da reddito e titolare del progetto, costituisce un “importante passo” verso una “migliore valorizzazione degli assetti locali dell’economia rurale” di questo territorio.

Nei media locali si è parlato di sviluppo, di occupazione e persino di rilancio di un’area industriale disastrata e desertica, quella appunto dove sorge il mattatoio.

Per gli attori privati coinvolti in questa impresa le aspettative sono quelle relative alla moltiplicazione degli allevamenti in zona così da potenziare la capacità attuale di produzione e di offerta di alimenti carnei ai consumatori locali che lo richiedono.

L’industria della carne è in crisi e questo tipo di operazioni servono anche a scongiurare un ulteriore declino nella domanda. Sappiamo che gli impianti di mattazione esistenti intorno e internamente alla provincia di Grosseto non operano a pieno regime, non c’era davvero necessità di costruirne un altro, le finalità, come abbiamo detto infatti sono diverse.
Ma a noi interessa porre l’accento sugli aspetti etici di un simile progetto, nell’anonimo luogo che vediamo nelle immagini, un mattatoio che sicuramente disporrà di impianti e dispositivi di contenzione, detenzione, uccisione e smembramento dell’ultima generazione, all’interno di questo lugubre luogo, una volta divenuto operativo, si ammazzeranno almeno 12,000 animali all’anno, singolarità che avranno condotto la loro non-vita segregati in qualche stalla o gabbia o allevamento di tipo industriale, totalmente nelle mani dei loro padroni umani i quali avranno stabilito dalla disgraziata nascita di queste creature alla loro fine violenta e sanguinosa ogni singolo aspetto delle loro esistenze, in effetti esseri senzienti trattati come merce, come oggetti da accumulare e da consumare.

Questi animali verranno trasportati qui, al mattino presto o di notte, per non turbare le coscienze di coloro i quali poi ne acquisteranno i corpi, fatti a pezzi e ben ripuliti, resi accettabili alla vista, confezionati dai macellai o nei supermercati.

Nessuna connessione tra il sistema di moderna schiavitù ( gli allevamenti ) i luoghi dove si commette il genocidio quotidiano ( i mattatoi ) e la tavola dove chi consuma questo tipo di alimenti si siede ogni giorno deve essere fatta, nessuna connessione, il vecchio adagio che recita “occhio non vede, cuore non duole” non è stato mai così vero come in tali circostanze.

Di fatto il sistema di allevamento e di sfruttamento degli animali se osservato da qualunque prospettiva, da qualsiasi occhio capace di rappresentarlo criticamente è un sistema di una crudeltà inaudita, un apparato connotato dalla violenza metodica del forte sul debole in ogni sua fase, un sistema di potere che fa presa assoluta sulle proprie vittime che noi chiamiamo DOMINIO.
Il dominio umano si afferma sugli altri animali in differenti forme e con diverse modalità, basta pensare all’industria dell’intrattenimento, alla sperimentazione bio medica, allo sfruttamento affettivo che si impone a determinate specie, alla caccia e alla pesca, ma la violenza efferata e seriale che si compie con ferocia e senza rimorsi per produrre cibo ammonta ad una percentuale che sfiora il 98 per cento di tutti i crimini compiuti ai danni degli altri animali da parte dell’uomo.

Questa situazione obbliga alcuni di noi a porci degli interrogativi e a enfatizzare con tutti i mezzi di cui disponiamo l’indifendibilità di tale brutale forma di oppressione e l’obbligo morale di fermarla.

Al Madonnino, come in altre cattedrali del dominio specista, schiavi non umani, discriminati e oppressi in quanto non facenti parte della specie eletta, creature rese invisibili e riproducibili all’infinito termineranno il loro angoscioso e breve viaggio su questo mondo.

Arriveranno al Polo Industriale nei camion, spesso dopo viaggi lunghi ed estenuanti, senza acqua ne cibo, al freddo gelido o nel caldo torrido e obbligati a scendere senza tanti complimenti, convogliati nei recinti esterni e poi, uno alla volta, verso i tunnel della morte, storditi in maniera adeguata se hanno un briciolo di fortuna, ancora coscienti in altri casi nelle mani degli addetti al taglio della gola, alla rimozione di muso e zoccoli, all’evisceramento….una orrenda catena di smontaggio degna dei peggiori film dell’orrore, un orrore senza eguali dove il sangue, le lacrime, il terrore, la merda, le urla, l’angoscia si levano, si mischiano e si separano dalla carne, dalla fibra, dai muscoli, dalle budella e da altre parti che verranno poi vendute opportunamente ripulite e rese presentabili a quei consumatori che non si chiedono, che non intendono vedere, che non dispongono di una sensibilità tale da consentire loro, appunto, di fare le dovute connessioni.

Non abbiamo bisogno dei mattatoi, dei trasportatori di animali vivi, degli allevamenti, degli stupri industriali per generare nuove vittime, non abbiamo bisogno dell’allevatore e del macellaio per vivere.

Possiamo vivere bene e mangiare con gusto basando la nostra alimentazione sui prodotti della terra, vivere senza infliggere disperazione, violenza e morte ad altri è possibile, per questo vogliamo che posti simili a quello del Madonnino scompaiano o che vengano riconvertiti ad una economia di pace, di solidarietà e di crescita culturale.

Oggi in molti abbiamo deciso di non sostenere più coi nostri acquisti l’industria alimentare tradizionale, abbiamo eliminato dal nostro carrello della spesa tutti quei prodotti derivati dallo sfruttamento degli altri animali.

Altri ancora hanno deciso di dedicare parte del loro tempo e delle loro risorse personali alla lotta per la liberazione delle vittime non umane di questa orrenda macchina di sterminio, giustificata dall’ideologia antropocentrica secondo la quale tutto è lecito nell’interesse della specie dominante e del modello economico accettato.

Il denaro e la creazione di sempre maggiori margini di profitto sono le vere cause di tanta violenza, di tanta indifferenza, del declino dei nostri valori e della valorizzazione dell’umanità che dovrebbe distinguerci dalla bestie ( ci dicono ).

Dov’e’ l’umanità in posti come il mattatoio del Madonnino?

Dov’e’ la dignità e la moralità dei carnefici che lo operano e la rispettabilità di chi finanzia simili progetti di morte?

Dove l’intelligenza e la capacità di riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato?

Queste qualità non esistono più, in famiglia e a scuola ci hanno inculcato nozioni in diretto contrasto con l’insorgere di sentimenti quali la solidarietà e l’altruismo, sentimenti che noi, attivisti per la liberazione animale, sentiamo fortemente di dover declinare estendendo la sfera della compassione e della considerazione morale ANCHE alle specie diverse da homo sapiens, diverse ma non meno degne di vivere.

Solo il fatto che ogni creatura senziente è capace di soffrire dovrebbe indurre in ogni uno di noi una riflessione e una presa di posizione netta al fianco delle vittime, in opposizione ai carnefici e ai mandanti di tale infame e scellerato progetto di dominio e di distruzione del mondo vivente, per queste ci opponiamo  a tutti i macelli, a tutti gli allevamenti, per questo nel 2015 dobbiamo continuare a batterci contro la schiavitù.
riflessione e una presa di posizione netta al fianco delle vittime, in opposizione ai carnefici e ai mandanti di tale infame e scellerato progetto di dominio e di distruzione del mondo vivente, per queste ragioni siamo venuti qui oggi e vi torneremo presso il polo industriale del Madonnino in provincia di Grosseto, per queste ragioni ci opponiamo a tutti i macelli, a tutti gli allevamenti, per questo nel 2015 dobbiamo continuare a batterci contro la schiavitù.

Alcuni gruppi parlamentari hanno depositato una proposta in questi giorni che includerebbe sotto l’articolo 660 bis del codice penale il reato di “disturbo” agli atti di caccia e pesca.

Questa chicca si apprende da un articolo apparso sul sito Caccia e Tiro, uno di quei luoghi della Rete dove si sostiene che ammazzare chi non può sottrarsi a tali atti di efferata crudeltà non soltanto è lecito e dovrebbe essere attività tutelata dalle normative vigenti, ma che addirittura si deve alla pratica venatoria la sopravvivenza stessa della specie umana! Divieto di caccia_613Il redattore del delirante articolo continua presentando la caccia come uno strumento moderno ed essenziale per “regolamentare” la presenza della “fauna” nel nostro territorio e quindi, non più configurato come semplice “prelievo” di esemplari dall’ambiente, ma una attività di protezione degli animali e del territorio che li ospita sostenuta adesso da teoremi scientifici che in nessun caso può venire osteggiata da questi pazzi estremisti “ i sedicenti animalisti” i quali si cimenterebbero in ogni tipo di azione delinquenziale, dal taglio delle gomme delle autovetture dei cacciatori, alla turbativa delle battute attraverso l’ausilio di sirene, campanacci ed altri dispositivi.

Le orde di buffoni in mimetica che girano armati nelle campagne e sui loro pick up per le strade, decisi a tutto pur di sparare, terrorizzare, uccidere, inquinare, ma sopratutto di dare un insano senso compiuto alle loro miserabili, inutili esistenze cimentandosi nel processo in tali barbare pratiche, dovrebbero poterlo fare, secondo Caccia e Tiro, senza alcuna ingerenza, senza alcuna critica da parte della maggioranza della popolazione di questo paese che invece desidererebbe fare a meno di imbattersi nelle loro pietose battute, di sentire i loro osceni spari e altrettanbto osceni resoconti narrativi, di riscontrare i danni incalcolabili inflitti all’ambiente e ai corpi degli altri animali, di subire, insomma, la presenza e l’intrusione violenta nella loro vita da parte di una esigua categoria di prepotenti armati e ben sostenuti dalle lobby che li rappresenta a tutti i livelli.

Il catalogo di luoghi comuni continua nell’articolo con l’immancabile appunto circa i costi monetari, in termini di licenze ed autorizzazioni, che i poveri cacciatori devono sopportare per poter continuare a dedicarsi a tale bieco passatempo; i nostri eroi d’altro canto non sono solo dei semplici cittadini, seppur vittimizzati dalle circostanze, affascinati dall’esercizio gratuito della violenza, ma – si continua nell’articolo – dei soggetti titolari di “particolari requisiti psico-fisici a conseguire un’abilitazione tecnica, non facile ad ottenersi, rilasciata dalle strutture pubbliche competenti”.

Il nuovo “reato”, come si auspica nella proposta di legge in oggetto, dovrebbe venire punito con l’arresto fino a sei mesi o con una commisurata sanzione amministrativa fino a 1200 euro.

Alcuni dati per rendersi conto di cosa parliamo quando ci opponiamo alla Caccia ( e alla Pesca ):

150 milioni di uccelli e milioni di altri animali vengono uccisi ogni anno dai cacciatori, con pallottole (17.500 tonnellate annue di piombo disperse nell’ambiente) oppure con trappole, tra i quali: 32.349 cervi solo in Trentino,12.000 lepri, 38.000 fagiani, 27.000 allodole, 50.000 cesene, 180.000 merli e inoltre caprioli, volpi, conigli selvatici, cinghiali, camosci, daini, mufloni, galli cedroni, beccacce, anatre selvatiche, tortore, martore, tassi, oche selvatiche e molti altri di cui non si conoscono esattamente le cifre…per non contare gli animali domestici (cani e gatti) che cadono vittima del gusto di uccidere dei cacciatori.

Con la stagione venatoria aperta ogni secondo muoiono 7 animali a causa di questa.

Almeno 50 persone sono morte nell’ultima stagione di caccia, vale a dire in media 1 ogni tre giornate di caccia e non si tratta soltanto di cacciatori, ma anche di persone che si “trovavano nel posto sbagliato nel momento sbagliato”. FONTE : http://www.no-alla-caccia.org

In questi giorni l’Associazione Vittime della Caccia pubblicherà il tradizionale Dossier annuale aggiornato alla stagione 2014/2015 i quali orrori contabili potranno venire consultati qui a partire da Venerdì 30 Gennaio 2015.

Il triste riscontro che le vittime non terrestri della psicopatia umana, i pesci, non ricevano neppure dai circoli animalisti, grande attenzione o simpatia corrisponde con tutta probabilità alle modalità di uccisione loro riservate ( asfissia piuttosto che altro ) e al loro ambiente di vita ( e di morte ) spesso percepito distante e separato dal nostro.

Per un approfondimento sulla capacità do soffrire di queste creature e sul saccheggio quotidiano che viene compiuto nei mari a scopi commerciali seguite questo link : https://associazionedideeonlus.wordpress.com/2014/06/01/urla-mai-udite-la-sofferenza-dei-pesci/

dear hunter

Caro ( anonimo ) cacciatore, fai al mondo un piacere : estinguiti.

INTANTO…………………

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L’omaggio lasciato agli attivisti dall’anonimo sostenitore della pratica venatoria, un atto che sà di intimidazione stile mafioso.

Qualche degno rappresentante della categoria dei cacciatori (( una sparuta minoranza secondo gli ultimi dati disponibili elaborati da Coldiretti su verifiche ISTAT , un numero che registra un andamento decrescente essendo passati da 1.701.853 nel 1980 (3% dell’allora popolazione italiana) a 751.876, nel 2007 (1,2% dell’attuale popolazione italiana) con una drastica riduzione del 55,8% (57,9% in rapporto alla popolazione italiana) –  solo in Toscana sono comunque 110 mila )), una categoria che, come sappiamo bene, si diletta a fare del male e a uccidere soggetti non umani che si trovano nell’incapacità  di difendersi, una categoria di individui trincerati dietro una doppietta o, come in questo caso, dietro l’anonimato: la scorsa notte ha lasciato questo “omaggio” nella cassetta della posta presso la sede legale di questa Associazione.

Se mai ce ne fosse stato il bisogno il vigliacco omuncolo che ha compiuto questo ridicolo gesto non fa che rafforzare il convincimento di coloro i quali scrivono, vale a dire che la pratica venatoria ( UCCIDERE PER DIVERTIMENTO o meglio esercitare impunemente una grave turbe mentale ) deve essere abolita, i cacciatori rieducati al rispetto e al confronto civile con le comunità nelle quali albergano e delle quali simboleggiano in ogni loro vile atto la bassezza morale e culturale che li distingue.

Da un articolo a cura di Valentina Sonzogni apparso sulla rivista ANIMAL STUDIES numero 3/2013, edizione sul tema della morte “Chi muore e chi no” – versione digitale integrale in PDF qui Scrivere qualche nota critica attorno al tema del mattatoio non è affatto cosa facile e non solo per l’innata natura respingente del tema che, come vedremo, ne ha determinato il pressoché totale oblio nella storiografia architettonica ufficiale. In Italia non esiste una letteratura al riguardo: scorrendo il catalogo di una qualsiasi biblioteca, ci si rende facilmente conto che la ricerca con le parole chiave del caso rimanda a manuali tecnici o a compendi legislativi sulle norme igienico-sanitarie da seguire in questi luoghi. Niente che si riferisca al loro aspetto culturale, antropologico o storico. Per quanto riguarda la progettazione architettonica in senso stretto, la tipologia del mattatoio non sembra aver mai ispirato gli architetti, neanche quelli attivi ai tempi del tavolo da disegno e delle matite, quando si disegnava anche sulle tovaglie di carta del ristorante. Infatti, pur essendo il mattatoio un edificio presente nelle città sin dall’antichità e che ha avuto un forte sviluppo nell’Ottocento, l’industria della carne non ha mai avuto interesse, almeno in tempi moderni, a sovvenzionare studi per attualizzarne la tipologia, per accrescerne il potenziale o per renderla più “appetibile”.

The Union Stock Yards a Chicago, anno 1899.

The Union Stock Yards a Chicago, anno 1899.

Pensiamo all’enorme quantità di turisti attratti, ad esempio, dalle visite alle cantine e ai produttori di vino che commissionano i loro edifici ad architetti del calibro di Steven Holl e Massimiliano Fuksas, tra gli altri. Al contrario, nel caso della carne, sembra che raccontarne i metodi e i luoghi di produzione non sia un tipo di marketing altrettanto efficace… Tra i progetti di qualche interesse dal punto di vista puramente estetico, il progetto del mercato del bestiame e del macello di Lione dell’architetto francese Tony Garnier completato nel 1928 (ma progettato a partire dal 1906) e quelli di Le Corbusier dell’Abattoir frigorifique di Challuy, 1917, e di quello simile dell’anno dopo a Garchisy, hanno certamente tentato una rielaborazione di una tipologia negletta. Il progetto mai realizzato di Le Corbusier, in particolare, sembra applicare i criteri estetici e progettuali del Modernismo al mattatoio per meccanizzarne e razionalizzarne la circolazione interna, arrivando a far somigliare questo potenziale “non-luogo” ad una sorta di “iper-luogo” che ricorda il celebre progetto dello stesso autore per il Palazzo dei Soviet a Mosca del 1930. Inoltre, in questi progetti di mattatoi, compare per la prima volta la famosa promenade architecturale, ovvero la passeggiata architettonica facilitata da una o più rampe che determinano e dirigono la percezione e l’appercezione dello spazio architettonico. Tale abbozzo dell’elemento che diverrà strutturale alla definizione dei famosi cinque punti della nuova architettura viene qui sperimentato in forma, per così dire, di promenade funèbre. Le parole abattoir frigorifique, ovvero macello refrigerato, ci rimandano all’indagine di Sigfried Giedion, il primo storico dell’architettura a occuparsi delle implicazioni della meccanizzazione sulla gestione della vita e della morte dell’animale.

Carcasse di maiali al Mattatoio di Chicago ( fine ottocento )

Carcasse di maiali al Mattatoio di Chicago ( fine ottocento )

Nel classico Mechanization Takes Command del 1948 – in particolare nel capitolo Mechanization and Death: Meat, ma in generale in tutto in libro – Giedion pone l’attenzione sull’animale da macello come parte “organica” sulla quale si sperimentano i processi di meccanizzazione nell’industria della carne. Con l’associazione su due pagine a fronte di parti di automobili perfettamente allineate in un’officina e di carcasse appese con la stessa fordistica precisione in un macello, Giedion sancisce ufficialmente l’ingresso dell’animale nella catena di montaggio globale omettendo qualsivoglia interpretazione o giudizio se non un trito (già all’epoca) riferimento al film di Charlie Chaplin Tempi moderni (1936). Qualche segno del “referente assente” compare negli stessi anni nella rivista Documents, pubblicata a Parigi, solo per pochi numeri, negli anni 1929-30. Georges Bataille, mente e braccio della rivista, opera un cortocircuito tra testo e immagini, così che le immagini possano rivelare il loro potere nascosto, spesso distruttivo dell’estetica classica, e indagare il basso materialismo in opposizione all’ideologia pura, cristallina e “alta” dei surrealisti capitanati da André Breton. I “documenti” di cui ci parla Bataille sono quelli del mondo moderno in cui egli vive, gli stessi vicoli e passaggi descritti da Walter Benjamin, gli stessi spettacoli e le gite domenicali dipinte da Georges Seurat, ma montati e descritti così da funzionare in maniera eccedente. Tra le immagini che Bataille sceglie per illustrare i concetti di abiezione, degrado, spreco ed entropia ce ne sono alcune del mattatoio della Villette di Parigi che, con la loro brutale semplicità, illustrano l’idea del lato oscuro del commercio sfavillante di luci e di offerte: in una strada vuota, addossate al muro, stanno ordinate – come parti meccaniche uscite da una catena di montaggio – delle zampe. Così, semplicemente sconvolgenti.

Un "operatore" nella cella frigo di un mattatoio in Romania.

Un “operatore” nella cella frigo di un mattatoio in Romania.

Bataille, certamente non un precursore dell’antispecismo, aveva però colto la follia insita in tali immagini e le aveva sottoposte a un meccanismo di inversione critica per fare da contraltare a un servizio fotografico pubblicato sulla rivista Cahiers d’Art nel 1928, nel quale si narravano e si illustravano “le magnifiche e progressive sorti” del moderno mattatoio che, spogliato di tutto il sangue e la disperazione, veniva proposto nella purezza architettonica delle sue forme moderne. Nel suo Dictionnaire, Bataille – attraverso le fotografie di Eli Lotar che documentano il macello pieno di cadaveri, catene, strisce di sangue a terra e attendenti lordi di sangue – traccia un parallelo tra il mattatoio e la religione attraverso il rituale del sacrificio. Bataille narra la “grandezza sconvolgente e lugubre” dei luoghi in cui scorre il sangue, associando i mattatoi ai templi in cui si svolgevano i sacrifici di animali umani prima e non umani poi. Ma è Denis Hollier che dà la più lucida interpretazione del meccanismo occulto di Bataille: Se l’uccisione del Minotauro è di solito ritenuta un’azione umanistica per mezzo della quale un eroe libera la città da tutto ciò che è arcaico e mostruoso e traghetta la società fuori del tempo labirintico, per Bataille il sacrificio funziona nel modo opposto: infligge un colpo all’imago organica e apre di nuovo il labirinto. Il mattatoio è il luogo deputato dove la follia dell’era del labirinto si ripropone in tutta la sua insensatezza ma questa volta, come scrive Hollier, non c’è più nessuno che presenzia al sacrificio perché forse non c’è più nulla da salvare. In anni più recenti, si incontrano degli studi che forniscono qualche spunto di riflessione sul tema mattatoio come luogo fisico ma, attenzione, mai come architettura in sé. Perché se è vero che l’architettura, come l’arte, la musica la danza e la letteratura è un testo che può esser letto, raccontato e interpretato, il mattatoio è un non-luogo architettonico, una planimetria a-semantica, un edificio non connotato, nel quale consciamente non viene fatto alcuno sforzo per migliorare, abbellire, rendere piacevole o attraente lo spazio. L’unico tentativo sembra quello di mascherare, di nuovo e ancora, quello che succede dentro degli anonimi edifici, che hanno tutta l’aria di essere degli innocui capannoni industriali.

Orrori di casa nostra: il nuovo impianto presso il Polo Industriale del Madonnino, Braccagni, Grosseto, costruito con una parte di soldi pubblici affidati ad un consorzio privato. Questo impianto ucciderà, quando operativo, fino a 12,000 animali all'anno.

Orrori di casa nostra: il nuovo impianto presso il Polo Industriale del Madonnino, Braccagni, Grosseto, costruito con una parte di soldi pubblici affidati ad un consorzio privato. Questo impianto ucciderà, quando operativo, fino a 12,000 animali all’anno.

In area anglosassone esistono alcuni saggi sul tema del macello come luogo fisico, sul suo funzionamento, la sua storia e, in qualche modo, sul suo significato – anche se solo per la comunità di uomini che attorno ad esso fa ruotare la propria economia e il proprio sostentamento. Il soggetto di indagine di questi volumi è l’analisi del primo grande (e unico) cambiamento strutturale e logistico del macello, ovvero il passaggio dalle tecniche manuali del grande mattatoio parigino della Villette alla meccanizzazione dei macelli americani, in particolare quello di Chicago, e sulle conseguenze che questa modernizzazione ebbe sull’organizzazione interna degli spazi. Catherine T. Ingraham nel libro Architecture, Animal, Human: The Asymmetrical Condition analizza i meccanismi di resistenza e di integrazione tra l’architettura e gli animali umani e non umani che, a loro volta, a seconda della loro specie, mostrano preferenze per l’una o l’altra forma di architettura. A parte qualche sporadica citazione di J. M. Coetzee o Peter Singer, il libro manca di qualsiasi analisi in senso antispecista dei meccanismi di sopraffazione perpetrati dell’architettura umana sugli animali non umani, che è ormai tanto frequente quanto le pure geometrie degli alveari o le dighe dei castori, con buona pace loro. Nel libro di saggi curato da Paula Young Lee Meat, Modernity and the Rise of the Slaughterhouse, si affronta la questione della storia del macello soffermandosi sulle differenze tra il modello europeo e quello americano. Particolarmente interessante è l’analisi delle aree urbane nelle quali erano collocati i mattatoi: non lontano o addirittura negli stessi quartieri dove si esercitava la prostituzione e dove la malavita esercitava il controllo del territorio. Tali zone erano talmente caotiche da renderne impossibile il controllo, non solo delle condizioni igieniche, ma di qualsivoglia tipo di attività. Solo nel 1867, infatti, con l’inaugurazione del mattatoio della Villette, l’area centrale di Parigi fu liberata dal sangue che letteralmente scorreva nelle strade per confinare la morte dell’animale in un’area caratterizzata da terribili effluvi industriali, elevate attività criminali e disoccupazione, lasciando che il barone Haussmann spianasse i suoi boulevards ordinati nel centro della capitale francese. Le aree prescelte per ospitare i macelli sembrano qualificarsi allora come i margini della razionalità urbanistica e antropologica di Parigi e, più in generale, della metropoli ottocentesca. Per quanto riguarda il progetto architettonico nella contemporaneità, vale la pena di menzionare qui il progetto dello studio olandese MVRDV che si è occupato del tema del mattatoio nel progetto Pig City (2001). Partendo dal consumo di carne di maiale (nel 1999 in Olanda si contavano circa 15 milioni di esseri umani e 15 milioni di maiali), lo studio di Winy Maas ha concepito un complesso formato da 76 torri ognuna alta 622 metri, ovvero il doppio della torre Eiffel, nella quale ospitare l’allevamento di queste creature. I rendering del progetto mostrano delle angoscianti visioni di torri senza fine, popolate di maiali senza nome, unità alimentari senza diritto di nascita né di morte, condannate a salire su un ascensore per andare al macello, mentre migliaia di altre identità come loro continuano a brulicare in un osceno grattacielo-formicaio.

Una immagine di rendering dal progetto "Pig City"

Una immagine di rendering dal progetto “Pig City”

Ma questo è solo un sogno, o forse una lucida visione di un futuro possibile. E allora come facciamo noi ad arrivare a un macello? Si va a piedi, si prende l’auto? Come si fa a riconoscerlo, non essendo attivisti abituati alla ricerca di gabbie da aprire? Su questi luoghi non si possono chiedere informazioni poiché non esistono più né nella lingua né nella toponomastica della città, se non in un vago ricordo: Via dei due Macelli, Foro Boario, Stock Exchange. La rimozione del mattatoio dal tessuto urbano accettato come spazio civilizzato, segue lo stesso meccanismo di rimozione dell’animale quando ci si trova dinanzi alla bistecca, rivelando la stretta relazione tra la meccanizzazione del processo e l’astrazione del soggetto consumato, trasformato nel “referente assente” di Carol J. Adams. Far assurgere il mattatoio a oggetto di interesse culturale significa auspicabilmente rimettere in discussione e rinegoziare la condizione dell’animale non umano.

Letteratura di riferimento:

Adams C. J. (1990; 2010), The Sexual Politics of Meat. A Feminist-Vegetarian Critical Theory Continuum, New York-Londra.

Bataille G. (2005), Storia dell’occhio ES, Milano. Bois Y. A., Kraus R. (1996), L’informe. Mode d’emploi, Centre Georges Pompidou, Parigi. Fondation Le Corbusier, http://www.fondationlecorbusier.fr

Giedion S. (1948), Mechanization Takes Command: a Contribution to Anonymous History Oxford University Press, Oxford. Hollier D. (1992), Against Architecture.

The Writings of Georges Bataille MIT Press, Londra-Cambridge. Ingraham C. T. (2006), Architecture, Animal, Human: The Asymmetrical Condition Routledge, Londra.MVRDV, http://www.mvrdv.nl.

Young Lee P. (2008), Meat, Modernity, and the Rise of the Slaughterhouse University of New Hampshire Press, Lebanon

Per informazioni, una cronistoria e per una prospettiva critica e radicale all’ ideazione, costruzione e messa in opera dell’orrore di casa nostra, il Mattatoio sorto nell’area del Polo Industriale del Madonnino, Braccagni, Grosseto, il quale come si evince dai progetti sullo “sviluppo rurale” della zona darà impeto alla realizzazione di nuovi allevamento di tipo industriale ( la qual cosa per le menti malate di coloro i quali salutano con gusto tali insediamenti è considerata come una manna per l’economia locale ) visita le seguenti pagine a cura di Associazione D’Idee :

Nuovo Mattatoio a Grosseto: obiettivo ALLEVARE, missione UCCIDERE

Il “mestiere” di ammazzare: Mattatoio del Madonnino, Braccagni ( GR )

L’insanità del Mattatoio, l’insanità dell’indifferenza, a Grosseto

NO al MATTATOIO a GROSSETO! Nè Nuovo Nè Vecchio!!

Azione a Grosseto CONTRO la costruzione del nuovo mattatoio

In Italia ci sono ancora 16 allevamenti di Visoni e uno di Cincilla.
Questi impianti tengono prigionieri almeno 200.000 animali in strette, affollate, gelide gabbie metalliche.
L’aspettativa che genera tale situazione è quella di almeno 170,000 pelli individuali da commercializzare alla fine di ogni ciclo produttivo.

In Italy there are 16 active mink farms and one chinchilla farm.
These facilities, unknown and well hidden in the countryside, imprison as many as 200.000 animals. The annual production is estimated to reach 170.000 mink pelts.

Watch the investigative video here :
https://www.youtube.com/watch?v=LcU2wSSsiSE

A.D.I.

BREAK THE CAGES adi 24 Gennaio 2015Aderiamo alla Campagna nazionale di Essere Animali perchè tutti gli allevamenti di visoni devono chiudere. TUTTI gli allevamenti devono chiudere. Allevare per sfruttare e uccidere è una attività criminale da mettere al bando. Nel 2015 per alimentarci, per vestirci, per intrattenerci, per vivere bene e in salute una vita appagante e confortevole NON occorre uccidere, torturare, umiliare o privare della libertà alcun essere vivente senziente.

A Grosseto, piazza Ettore Socci ( lungo il Corso cittadino )  Sabato 24 Gennaio 2015 per l’evento FB visita qui

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